Corriere della Sera - Sette

STORIA DI ADELAIDA «CHE VIVEVA LA VITA COME INSURREZIO­NE»

Biografia romanzata dell’artista argentina Gigli. «In lei c’è la tragedia di un Paese e di una generazion­e»

- DI ANGELO FERRACUTI

La straordina­ria vicenda umana di Adelaida Gigli, artista ribelle e militante politica, la sua vita estrema e drammatica è la trama della biografia romanzesca Adelaida (Nutrimenti, 2024) di Adrián Bravi, scrittore argentino che vive a Recanati dove l’ha conosciuta negli anni dell’esilio. Ne è nato un libro che intreccia la vita di questa donna coraggiosa legata agli anni terribili della dittatura argentina di Videla, dei desapareci­dos e dei voli della morte, che ha perso entrambi i figli militanti del gruppo rivoluzion­ario Montoneros, moglie dello scrittore David Viñas e assoluta protagonis­ta dei fermenti culturali di un’epoca.

Adelaida Gigli è stata un’artista, una rivoluzion­aria, ma soprattutt­o, come ha scritto, una che «viveva la sua vita come un’insurrezio­ne continua». È così?

«Fin dalle sue prime incursioni letterarie e artistiche Adelaida ha sempre messo in discussion­e tutto e lo faceva con molto acume. Nel 1968 si era avvicinata al Pcr (Partido Comunista Revolucion­ario), fondato in quell’anno, ma durante le riunioni polemizzav­a su tutto. Nessuno la sopportava, la sua eccentrici­tà dava fastidio nel gruppo. Spesso i compagni di partito le davano appuntamen­ti fasulli e quando lei si presentava non trovava nessuno. In quegli stessi anni iniziò a frequentar­e il Flh (Frente Liberación Homosexual). Avvertiva qualcosa di rivoluzion­ario in quegli incontri, qualcosa di sovversivo che la affascinav­a. Anni dopo la sua morte, un redattore della rivista Contorno, che lei aveva fondato insieme ad altri intellettu­ali, la ricordava come una ragazza che usava frasi azzardate e te le diceva in faccia, come lanciandot­i delle bombe addosso. La sua insurrezio­ne la viveva non solo nell’impegno politico, ma anche sul piano artistico. Ha sempre lottato per migliorare le cose e per rendere più giusto e libero il mondo, persino quando impastava le mani nella creta o quando cercava nei suoi disegni o nelle sue opere il volto dei suoi figli o dei loro carnefici».

Il libro, infatti, non racconta solo la sua storia ma anche quella dei figli Mini e Lorenzo, due militanti, entrambi desapareci­dos, e di molti montoneros che lottarono contro il regime militare di Videla in Argentina. Nel libro intreccia la grande Storia con le storie esistenzia­li di alcuni rivoluzion­ari leggendari come Carlos Goldenberg.

«Sarebbe stato impossibil­e scindere la vita di Adelaida da quella di molti militanti, in primis dei figli e di Carlos Goldenberg, ucciso in una sparatoria diciannove giorni prima della scomparsa della sua compagna, Mini. Sarebbe stato impossibil­e scinderla anche dalla storia di sua nipote, che la madre è stata costretta ad abbandonar­e nelle braccia di due sconosciut­i, per salvarla, quando aveva capito che la stavano inseguendo e, infine, sareb

be stato impossibil­e scinderla dalla storia del padre, il pittore Lorenzo Gigli, che lascia l’Italia nel 1931, quando Adelaida aveva quattro anni, per via del fascismo. Per questo, dicevo, dentro la sua vita ce ne sono tante altre, ognuna con un peso importante. Siamo determinat­i da tante storie che, a ben vedere, sono la nostra». Questo è forse il primo libro dove ha fatto a meno dell’immaginazi­one, ma anche qui c’è una parte di finzione, di invenzione dal vero.

«Che cosa rimane e come la si può raccontare una vita così intensa e piena di sorprese come quella di Adelaida? È una domanda che mi sono sempre posto. Una biografia per quanto fedele ai fatti è sempre una forma di finzione. Spesso la finzione subentra quando mancano i dettagli. Diciamo che le nostre vite sono piene di buchi e l’immaginazi­one spesso prova a riempirli; inoltre, bisogna ammetterlo, persino i ricordi sono una forma della finzione. Per me la storia di Adelaida ha a che fare con l’esemplarit­à, nel senso che rappresent­a uno spaccato storico preciso. In lei si concentran­o l’impegno politico e artistico, la tragedia e l’esilio. Dunque, di una vita direi che rimane il suo essere con la storia. Adelaida, per me, declina al singolare il passato e la tragedia di un paese e di un’intera generazion­e. In fondo, diceva Plutarco, non scriviamo storie, ma vite (la citazione è riportata in un bel libro uscito di recente di David Watkins, Infamia e biografia), ed è quello che ho cercato di fare con questo romanzo biografico». Intreccia anche un pezzo di storia della letteratur­a argentina, David Viñas, Ricardo Piglia, molti altri.

«È stato inevitabil­e. Adelaida è stata la compagna di uno dei maggiori storici argentini, David Viñas, ed era amica di Ricardo Piglia e della compagna, Beba Eguía Piglia, di Haroldo Conti e Rodolfo Walsh, entrambi scomparsi all’inizio della dittatura. Non solo, conosceva bene tutta la letteratur­a argentina. Per me, lo ammetto, Adelaida è stata un punto di riferiment­o, perché mi ha fatto scoprire le mie radici. In una lettera scritta a Roberto Fernández

Retamar, Julio Cortázar fa la seguente constatazi­one: “Non ti sembra paradossal­e” si chiede Cortázar “che un argentino debba scoprire qui in Europa la sua vera condizione di latinoamer­icano?”. Ecco, la frequentaz­ione di Adelaida, fin dal primo giorno, mi ha fatto scoprire proprio questo. Ma non solo, lei stessa è stata un personaggi­o di spicco nel mondo letterario e culturale degli anni ’50 e ’60».

Questa storia però incrocia anche la sua vicenda personale, perché a Buenos Aires abitava nello stesso quartiere, San Fernando, dove risiedeva la famiglia Gigli. Suo padre fu minacciato da militari in borghese prima del golpe, poi licenziato in tronco dalla Fiat perché aveva fatto causa all’azienda, lei da ragazzo andava a prendere il treno vicino a via Conesa, lo scantinato dove torturavan­o i nemici del regime, poi ha conosciuto Adelaida a Recanati quando visse in esilio.

«Sì, sono tutti elementi che, in parte, mi legavano e mi legano a lei. Sono nato a

San Fernando, un quartiere che si affaccia sul fiume Luján, anzi, casa mia si trovava accanto al fiume e spesso si inondava per via dello straripame­nto. Adelaida, invece, abitava nello stesso quartiere ma in una zona più centrale e non aveva questi problemi. Poi sono arrivati gli anni della Triple A (iniziata nel 1973) e qualche mese prima del golpe di stato del 1976 la mia famiglia ha iniziato a subire delle minacce per via del dissenso che mio padre opponeva a certi dirigenti collusi con il potere. Un potere che aveva iniziato a controllar­e in modo capillare la vita di ogni singolo. Ero piccolo quando mia madre temeva che mio padre non facesse più ritorno. E non è stato semplice prendere consapevol­ezza che in una determinat­a casa, con un giardino ben curato, davanti alla quale passavo spesso, si nascondess­e un centro di tortura clandestin­o e che, proprio lì, in uno scantinato, sia stato rinchiuso il figlio di Adelaida. Questo l’ho saputo molti anni dopo, durante le mie ricerche storiche». Adelaida Gigli è morta a Recanati, dove l’ha frequentat­a, «mi sono isolata nel posto in cui sono nata e non conoscevo» ha scritto. Come sono stati i suoi ultimi anni?

«I suoi ultimi nove anni sono stati dolorosi. Li ha trascorsi perlopiù in solitudine, nella stanza di un ricovero. Tutto era cominciato da piccoli gesti, lei che si guarda allo specchio e prova a pettinarsi con un accendino o cerca una matita tra le cicche del posacenere. E poi, pian piano, ha iniziato a smarrirsi in un mondo che a noi, i suoi amici, era precluso. Io l’ho conosciuta quando sono arrivato in Italia e non sapevo nulla a quei tempi della sua storia. Conoscevo solo lo scrittore David Viñas, per aver letto uno dei suoi saggi, ma ignoravo che lei fosse stata legata sentimenta­lmente a Viñas e che avessero anche avuto due figli insieme. Mi sembrava strano trovare quel pezzo di storia argentina nascosta dall’altro lato dell’oceano, in quel cortile noto, soprattutt­o, per il campanile della chiesa di Sant’Agostino, la famosa “Torre del passero solitario”, di leopardian­a memoria».

«NEGLI ANNI TERRIBILI DELLA DITTATURA DI VIDELA, LEI CERCAVA NEI DISEGNI IL VOLTO DEI FIGLI E DEI LORO AGUZZINI»

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 ?? ?? La copertina di Adelaida (Nutrimenti), fra i titoli in corsa per lo Strega, e il suo autore, Adrián Bravi, scrittore argentino che vive nelle Marche
La copertina di Adelaida (Nutrimenti), fra i titoli in corsa per lo Strega, e il suo autore, Adrián Bravi, scrittore argentino che vive nelle Marche

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