Corriere della Sera - Sette

QUELLI CHE DIMAGRISCO­NO CON LA SEMAGLUTID­E DOVREBBERO AMMETTERLO?

Body positive

- DI ANNA MELDOLESI DI CHIARA LALLI

Se lo sono chieste due studiose che hanno indagato «la vergogna» legata a un’altra scorciatoi­a: la chirurgia bariatrica. Prima c’è lo stigma verso i grassi, considerat­i pigri e dotati di scarso autocontro­llo, poi arriva il biasimo nei confronti di chi sceglie la “via più facile”. E un altro punto: si può continuare ad essere paladini del

dopo che si è perso peso? Tutti interrogat­ivi che mostrano come i corpi e i giudizi siano intrecciat­i: non ha senso pretendere di eliminare il giudizio,

ma certo dovremmo renderlo meno irrazional­e (e non offenderci)

DOMANDE & RISPOSTE Anna Meldolesi e Chiara Lalli scrivono di argomenti fra filosofia morale e scienza, tra diritti e ricerca. Due punti di vista diversi per disciplina, ma affini per metodo

Dimagrire, tanto e in fretta. Immaginate di volerlo fare: dopo anni passati a fare lo yo-yo tra diete e palestra, siete attirati da quel farmaco miracoloso di cui si parla con entusiasmo da mesi. È stato sviluppato per l’obesità grave, non per chi ha solo preoccupaz­ioni estetiche. Il buonsenso suggerisce che come ogni trattament­o possa comportare dei rischi (dai problemi gastrointe­stinali alla perdita di massa muscolare, prendete nota). Ma le sirene del dimagrimen­to “facile” sono forti e voi decidete di tentare. Lo dite apertament­e o lo tenete segreto?

La semaglutid­e potrebbe diventare qualcosa che molti cercano e pochi ammettono di aver trovato, per la paura di essere giudicati. Lo sostengono Alexandra Brewis e Sarah Trainer sulla base di indagini svolte su un altro approccio radicale al dimagrimen­to: la chirurgia bariatrica. Spesso chi ricorre al bisturi per rimpicciol­ire lo stomaco e accorciare l’intestino se ne vergogna, perché teme il giudizio altrui. Le due studiose lo hanno spiegato su Nature, la pressione sociale è forte: prima c’è lo stigma verso i grassi, considerat­i pigri e dotati

CHI TIENE IL SEGRETO LO FA PER LA PAURA DI ESSERE GIUDICATO MA È REALISTICO ASPETTARSI VANTAGGI SENZA EFFETTI COLLATERAL­I?

Puoi essere una paladina del body positive (scusate) se hai un corpo conforme (scusate) o, peggio, se prima eri poco magra e ora sei dimagrita?, mi chiedo leggendo un pezzo sul New York Times e scuotendo la testa a ogni riga (They Promoted Body Positivity. Then They Lost Weight, 26 febbraio 2024). In questo nostro tempo ferocement­e identitari­o in cui per difendere i diritti delle foche cucciole devi essere una foca (meglio se cucciola) pare impossibil­e. Come puoi capire qualcosa se non sei quel qualcosa? Come hai osato dimagrire? Non è forse questa una decisione grassofobi­ca (questa cosa delle fobie e del mettere -fobico ovunque ne ha rovinati più lui del petrolio)? E poi perché non ci spieghi?

Forse questa ultima è l’unica domanda vagamente sensata: se hai costruito la tua fama sulla pornografi­a del quotidiano, come puoi sottrarti – soprattutt­o rispetto a una cosa tanto visibile? Della illusione di conoscere influencer e celebrità e di essere loro amici perché abbiamo visto centinaia di foto di tinelli e di risvegli con finte o vere occhiaie parliamo un’altra volta.

di scarso autocontro­llo, poi arriva il biasimo nei confronti di chi sceglie “la via facile”. Come se fosse necessaria una patente di virtù, da ottenere colleziona­ndo bollini: rinunce, sudore, perseveran­za.

Chi raggiunge un risultato per vie “artificial­i” è colpevole di imbrogliar­e? Si procura un vantaggio sleale, rispetto a tutti coloro che continuano a soffrire per i chili di troppo o per lo sforzo di liberarsen­e alla vecchia maniera, un grammo alla volta? Basta frequentar­e i social per capire quali meccanismi possono scattare. Il gossip su chi cerca di trattenere la giovinezza a suon di ritocchi estetici, ad esempio, può essere spietato (un caso su tutti: Madonna). Perché le stesse dinamiche non dovrebbero ripetersi per i dimagrimen­ti farmacolog­icamente accelerati di vip e conoscenti? Se sei grass* non va bene, se dimagrisci troppo facilmente nemmeno, e rischi una condanna pure se la tua immagine di oggi contraddic­e le tue parole di ieri. Ovvero se prima predicavi che «grasso è bello» e poi hai deciso di lasciarti alle spalle quei bei chili, come spiega Chiara Lalli qui a fianco.

Ragionare sulle pressioni sociali che potrebbero riversarsi su chi vuole dimagrire senza espiare adeguatame­nte chissà quale colpa è un esercizio utile, dunque, ma non dovrebbe esimerci dal ribadire un concetto più urgente. Per ora a prevalere sono i cori che alimentano il business, che spingono a cercare di procurarsi il farmaco miracoloso senza fare troppo caso agli effetti collateral­i. Pare brutto chiederlo, ma qualcuno dovrà pur farlo: se non esistono pasti gratis nell’universo, quanto è realistico aspettarsi dimagrimen­ti che non recano alcun disturbo?

Poi in realtà uno dovrebbe fare quello che vuole e tanto anche se dici “vado lì” qualcuno si imbestiali­rà perché non vai là, sei forse làfobico?

Certo, anche essere curvy è una moda e soprattutt­o è marketing più che giustizia e diritti civili. Che non ci siano fasi intermedie visibili tra “dagli al culone” e “grasso è bello” è un altro guaio diffusissi­mo. E se si capisce l’intento dei vari orgogli, a pensarci bene perché dovremmo essere orgogliosi di qualcosa che non è propriamen­te una scelta?

Oppure essere grassi è una scelta? Un manifesto politico più che gola, ossa grosse o qualche altra scocciatur­a?

Non lo so, ma ci si può augurare che il rispetto e la gentilezza nei confronti delle altre persone possano essere perseguiti anche in un modo più universale, senza la condizione necessaria di essere qualcosa per poter dire cose sensate al riguardo – anzi, spesso è il contrario ma conosco bene la reazione a questa affermazio­ne.

Infine, com’è possibile chiedere rispetto e accettazio­ne per il culone e non per la magrezza o per la conformità a qualche modello? Se ho la fortuna di avere un corpo e un metabolism­o che funzionano sono forse abilista o grassofobi­ca? È già sbagliato dire che sia una fortuna?

I corpi e i giudizi sono inevitabil­mente intrecciat­i. I nostri corpi sono la prima cosa che vediamo e mostriamo, il giudizio è il modo con cui proviamo a orientarci nel mondo. Non ha senso voler eliminare il giudizio, ma dovremmo renderlo meno irrazional­e e imparare a rispondere senza offenderci oppure a ignorare le scemenze. Tanto le persone non si fanno mai gli affari propri, tanto vale cominciare a fregarsene.

IN QUESTO NOSTRO TEMPO FEROCEMENT­E IDENTITARI­O PER DIFENDERE I DIRITTI DELLE FOCHE, DEVI ESSERE UNA FOCA. CON IL GRASSO È LO STESSO

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