Corriere della Sera - Sette

DALL’ARCHIVIO

Un Chaplin 73enne a Losanna nel luglio 1962. In braccio Christophe­r, di 8 giorni, suo ottavo e ultimo figlio con la moglie Oona (37)

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cocktail? Guardi: ci vado pochissimo e solo per portarci qualcuno che a loro dispiace, e per essere maleducata e rumorosa e irritarli e dimostrar loro che li disprezzo. D’accordo, risponde lei, però ti sei fatta adottare da quella gente, Geraldine. Perché ti sei fatta adottare? Ma per divertirmi, evidente! Mi sono divertita da morire al ballo delle debuttanti che dettero a Siviglia. Mi ci chiamarono con lo stesso criterio con cui si appende una insegna pubblicita­ria e... mio Dio! Non ho mai riso così forte in vita mia. Non potevo neanche guardarmi allo specchio, tanto ero grottesca. Tutta vestita di bianco, con uno splendido abito di Castillo, e pettinata da quello-come-si-chiama, sì, da Alexandre... sembravo un cucciolo francese di lusso. Sa, quelli profumati che appartengo­no alle signore buffe e ricche che non fanno nulla e non sanno far nulla così passano il loro tempo nelle case di bellezza per cani e quando i poveri cani ne escono non sembran neanche più cani, sembran piumini da cipria, mostriciat­toli idioti... be’, quella ero io al ballo delle debuttanti a Siviglia. E le altre... poverine, le altre. Io le guardavo e pensavo: se vi poteste vedere! Se aveste occhi e cervello per vedervi! No, su questo non ho dubbi: non sarò mai una di loro. Io voglio essere libera, libera di vestirmi male, di saltare su un treno e andare inGrecia se per caso mi va di andare in Grecia, di saltare su un aereo e andare in America se per caso mi va di andare in America: non voglio essere un piumino da cipria per le contesse e gli snob. L’America... Lei lasciò l’America a otto anni, Geraldine: quando suo padre e sua madre partirono per non tornarci mai più. Anche lei ha rancore verso l’America, Geraldine?

Io no. Ci sono tornata due o tre volte, io, e mi piace molto. Essendo cresciuta in Europa, essendo stata educata in Europa, sono ormai completame­nte europea, non ho proprio più nulla di americano: però l’America mi piace molto e sono felice di andarci per via di quel contratto con la Paramount. Ho trovato amici adorabili, in America, mi ci sono divertita come una matta, non ho trovato nulla di orribile ad Hollywood e, be’, lo so che l’America non si è comportata bene verso mio padre: ma non si può coltivare il rancore in eterno. Sono passati tanti anni, le pare? Tante cose sono cambiate, le pare? Sicché se la mia carriera dovesse sviluppars­i in America, be’: la sviluppere­i in America.

Chiaro. Ed ora l’ultima domanda, Geraldine.

Oh, lo so qual è l’ultima domanda! È quella dei fidanzati. Be’, guardi: io ho avuto sette fidanzati. Due non li ho mai visti. Cinque li conosco appena. Sono la ragazza più fidanzata del mondo, io, e il fatto più straordina­rio è che sono sempre l’ultima a sapere d’esser fidanzata: i giornali, o gli snob, lo sanno sempre prima di me. È successo per El Cordobés, il torero. È successo per Govilov, il primo ballerino dell’Opera, è successo per Antonio Peralta, che è un amico fraterno. Io non me la prendo neanche più. Quando per caso li incontro, questi fidanzati, mi limito a dire: «Buongiorno, lei lo sa che io sono la sua fidanzata? ». Qualche flirt naturalmen­te ce l’ho: se non si hanno flirt alla mia età! Ma fidanzati, no, guardi, lo giuro. Neanche innamorata. E se mi chiede se sono mai stata innamorata, le rispondo non lo so. E se le rispondo non lo so, probabilme­nte vuol dire che non lo sono mai stata. Era questa la domanda, no?

No, Geraldine, non era questa. I fidanzati non c’entrano con la mia domanda. Era...

Era sul matrimonio, allora, capisco. E sul matrimonio cosa vuol che le dica? Mi sposerò, certamente. Tutti si sposano in casa Chaplin. Ma non so quando, non so con chi: per sposarsi ci vuole la vocazione di moglie, come mia madre, e ce l’avrò mai quella vocazione? Vede... chi è stato testimone, come me, di un amore grande e incredibil­e quanto l’amore che ha legato e che lega mio padre e mia madre... be’, si sente schiacciat­o dal timore di non trovarne uno uguale. Lo si cerca, un amore grande quanto l’amore di tuo padre e tua madre, e si sa benissimo che non si troverà: perché miracoli simili accadono solo una volta ogni cent’anni, duecento. E allora ci si sente un po’ gelosi, infelici. Si pensa: a me non toccherà mai ciò che è toccato a mio padre e a mia madre, un tale miracolo, una tale fortuna. Mio padre ha avuto una tale fortuna nella vita! Ha avuto anche dolori, difficoltà, umiliazion­i, ma poi tutto gli è andato bene, tutto! Ed ha avuto gloria, rispetto, ricchezza, amore, tutto! Anche l’amore! Tutto! E un bambino, una volta cresciuto, si paragona a lui... e pensa che non gli andrà mai altrettant­o bene, non sarà mai altrettant­o bravo... altrettant­o fortunato... non avrà mai altrettant­o amore... e... Era questa, no?, la domanda?

Ecco, Geraldine: era questa e non era esattament­e questa. Era anche un’altra. Gliela faccio e la prego di essere sincera nel risponderm­i perché, secondo me, si tratta di una domanda importante. Una domanda che riguarda, ovviamente, suo padre. Ecco, Geraldine: ha paura di lui?

Di mio padre?...

Sì, di suo padre.

Certo che ho paura di mio padre... Certo. Molta, molta paura. E non solo perché è così rigido, così difficile, così severo. Non solo perché finisce sempre coll’avere ragione, qualsiasi cosa dica o faccia. Ma perché... perché... come dire... io lo sento come un costante rimprovero, un costante paragone, perché io mi sento nella sua ombra, sempre, sempre, come tutti. E sento... sì... sento che quando non sarò più nella sua ombra, quando non avrò più paura di lui, allora, solo allora, io potrò finalmente combinare qualcosa.

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