Corriere della Sera - Sette

«MI HA ISPIRATO MAMMA ORMAI SCACCIO L’IDEA DI NON ESSERE ALL’ALTEZZA»

Protagonis­ta di Zamora, film del debutto alla regia di Neri Marcoré. Da un romanzo di Roberto Perrone

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Prima di tutto il folber. Un bel modo epico– lombardo per indicare il calcio inventato dall’arcimatto Gianni Brera. Il trentenne Walter, contabile nell’anima, poco ne sa, di pallone. Lui arriva dalla fabbrichet­ta di Vigevano: tutt’altra zuppa rispetto alla Milano dei cumenda, dei bauscia e della ditta modello del cavalier Tosetto in cui è appena stato assunto. «Questa è una grande famiglia: Dio, Tosetto, le guarnizion­i. E il folber». Poi, la fatidica domanda: «Vismara, in che ruolo giochi?». In azienda, la carriera è un riflesso delle sfide settimanal­i sul campo. Walter si finge portiere e chiede lezioni a un tal Cavazzoni, ex Milan finito in disgrazia. Seguono allenament­i, fatica, l’amore per una segretaria, il disincanto: «Ti basta una delusione e ti chiudi a riccio: sei un presuntuos­o, Walter». Il bamboccion­e diventa per tutti Zamora, come il grande portiere spagnolo degli Anni Trenta: strada facendo, impara a buttarsi, a osare, a cadere in piedi.

Zamora, debutto dietro la macchina da presa di Neri Marcorè, esce al cinema il 4 aprile dopo l’anteprima al Bif&st di Bari, prodotto da Pepito Produzioni con Rai Cinema e distribuit­o da 01 Distributi­on, dal romanzo di Roberto Perrone, firma storica del Corriere (HarperColl­ins). Marcorè è

Cavazzoni, Alberto Paradossi, 34 anni, il ragionier Vismara. Nel cast ci sono anche Marta Gastini, Anna Ferraioli Ravel, Giacomo Poretti, Giovanni Storti, Antonio Catania, Ale e Franz. Paradossi racconta: «Ridere, saper ridere, e anche far ridere; tutto questo ti salva la vita. Ho imparato l’abc della stand-up comedy a New York, nei localini off circondato da intellettu­ali, avvocati, signori della finanza. Ero l’unico europeo e il mio humour all’inizio faceva cilecca (ride; ndr). Poi ho capito. E forse da lì è nato un attore più duttile». Dice che recitare «è un gioco molto serio». Il corso a New York, ricorda, è stato «un nuovo inizio, una scossa». Niente a che vedere con il classico colpo di fulmine per il palcosceni­co scattato al liceo, a Lucca. «Mamma, insegnante e attrice amatoriale, mi incoraggia­va. Con gli amici intorno era sempre una festa. Scoprii allora la libertà di espression­e, il rispetto per gli altri». Poi l’università a Firenze e a Pisa: «Relazioni internazio­nali, economia, filosofia. Proprio non andava (ride di nuovo; ndr). Feci un periodo a Londra: lavoravo come cameriere e due volte alla settimana seguivo lezioni di teatro». Dopo il Centro sperimenta­le di Cinematogr­afia, nel 2018 Gianni Amelio lo vuole per Hammamet: diventa Bobo Craxi. «Questo è un mestiere di alti e bassi. Cerco di essere positivo. Quando esco da un provino, penso già al prossimo. Scaccio l’idea di non essere all’altezza».

Paradossi è anche nel cast della seconda stagione di Studio Battaglia, serie Palomar prodotta da Rai1. Aggiunge: «Incontrare Marcorè per Zamora è stato come ritrovare un parente. Sa, sono della generazion­e cresciuta con L’ottavo nano. Walter è assertivo, precisino, dentro la mentalità Anni 60. Neri insisteva: dobbiamo pensare a un film di Antonioni in chiave di commedia. Walter in realtà doveva essere lui, ma vent’anni fa. Quando il progetto è stato ripreso, si è riservato il ruolo di Cavazzoni, che nel libro è in attività e qui è una vecchia gloria». Il film, girato in parte a Torino, parla del senso di responsabi­lità, del rapporto padri-figli: «È il ritratto di uomini orgogliosi che sbagliano perché cedono alla paura».

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