BOWIE IN ITALIANO FECE BENE, MA ALTRI... L’A. I. PUÒ AIUTARCI
Un’idea per le pronunce-choc alla Avril Lavigne
Ci fossero stati i social network, Mal sarebbe diventato un meme. La pronuncia italiana del cantante dei Primitives, siamo ai tempi dell’epopea beat, lasciava a desiderare:
«i tchuoi ochi sono fari abalianti» cantava in Yeeeeh!. E chissà quanto poi ci ha giocato con il suo accento british. Meglio fecero David Bowie con Ragazzo solo ragazza sola, versione italiana di Space Oddity con le parole di Mogol e gli Stones di Con le mie lacrime. Erano tentativi di fare l’ingresso in mercati non anglofoni, presto abbandonati quando discografici e star capirono che non ce n’era bisogno. Qualcuno ci ha provato attorno al giro del millennio, i Backstreet Boys con Non lasciarmi così: l’effetto fu comico; e Avril Lavigne con Girlfriend che fece il ritornello in sette lingue diverse, compreso l’italiano: per la stellina canadese fu un disastro sia la pronuncia che la grammatica («Non amo tua ragazza»).
La traduzione potrebbe essere un campo di applicazione dell’A. I. L’intelligenza artificiale potrebbe aiutare a cantare in altre lingue, senza la necessità di avere un vocal coach e senza pronunce cringe. Anche perché oggi tutti i mercati si stanno concentrando sugli artisti local .È il caso dell’Italia che in un 2023 di crescita (+18,8%) è arrivata, secondo i dati ufficiali Fimi diffusi la scorsa settimana, ad avere l’80% degli album nella Top100 nella nostra lingua. Nel 2013 erano solo il 63%. Qualche mese fa Spotify ha lanciato una sperimentazione per tradurre i podcast. E l’americano Lauv l’hanno scorso ha pubblicato la versione coreana della sua Love U Like That: non cantava lui, ma un artista coreano la cui voce è stata poi convertita in quella di Lauv dall’A. I. Insomma, al posto dell’autotune ,l’ autotranslate.