QUEL TIRO A SORTE CHE GENERÒ UNA PERLA DEL VINO
Marone Cinzano e la lunga strada del Brunello
«Un ettaro di tabacco valeva di più di un ettaro di Sangiovese». La Montalcino Anni 70 attraverso i ricordi di Francesco Marone Cinzano (nell’illustrazione qui sotto), “patron” di Col D’Orcia. Quella famiglia che si arricchì con i liquori attraverso due secoli di alterne fortune, è stata una delle prime del Nord a puntare sul Brunello. Generazione dopo generazione ha trasformato la tenuta in un gioiello del tesoro della corona vinosa di Montalcino. «Nell’attuale Col d‘Orcia si imbottigliava già nell’Ottocento» narra il conte Marone Cinzano «c’era la
Fattoria Sant’Angelo dei Franceschi, mille ettari. Stefano e Leopoldo la ereditarono, divisa a metà, tirando a sorte. Nel 1973 la metà che venne chiamata Col d’Orcia fu messa in vendita all’estero, dalla moglie spagnola del proprietario. Ma il dossier finì sul tavolo di mio padre che concluse l’affare». I Marone Cinzano abitavano allora tra Torino e Ginevra. La tenuta poteva contare solo su un ettaro di Brunello. Ora sono 75. Ogni anno vengono prodotte 200 mila bottiglie di Brunello e altrettante di Rosso. Affinamento oltre le consuetudini e scelta dei vigneti fanno del Rosso uno dei più celebrati della denominazione. Il 2013, versione magnum, brilla nel bicchiere, arriva al naso come un refolo alla ciliegia e sorprende per freschezza e pienezza. Dai vigneti fino a 400 metri si materializza la Riserva del Brunello Poggio al Vento: carica vitale e fluidità nell’annata 2006, riflessi rubino e drappeggi setosi nella 2016. Grandi vini sostenuti da investimen-ti sulla sostenibilità in un distretto rurale tra capre, pecore, ulivi, prugne e, presto, un birrificio agricolo.