ALIMENTAZIONE
«QUANDO HO ALLUNGATO DI 10 VOLTE LA VITA DI UN LIEVITO HO CAPITO: DIGIUNARE (12 ORE) È UNA STRATEGIA SICURA»
Vivere più a lungo, ma soprattutto vivere meglio. La scienza della longevità non vuole solo aggiungere anni alla vita, ma qualità. Invecchiare bene, da un punto di vista medico e non solo estetico è possibile. Gli alleati preziosi sono soprattutto dieta, intesa come regime alimentare, e attività fisica. Valter Longo, biochimico, nato a Genova 56 anni fa e oggi professore di Biogerontologia, direttore dell’Istituto sulla Longevità a USC (University of Southern California) e del programma di ricerca di longevità e cancro presso l’Istituto di Oncologia molecolare IFOM di Milano, è un pioniere della materia. Le sue diete, al centro di numerose pubblicazioni, hanno avuto grande successo. Professore, perché ha iniziato a occuparsi di questi temi quando ancora non ne parlava nessuno?
«Non sono ancora riuscito a capire dove e quando esattamente sia nata la passione scientifica per l’invecchiamento e la longevità. Ho iniziato a occuparmene al secondo anno di università, poi ho deciso di andare a lavorare con il professor Roy Walford dell’Università della California, uno dei più grandi gerontologi, tra i primi a studiare gli effetti positivi della restrizione calorica nella prevenzione delle patologie legate all’invecchiamento. Un genio che ha avuto la sfortuna di nascere in un momento in cui non c’era ancora uno sviluppo tecnologico come quello odierno, fondamentale nella ricerca. Per capire come il cibo potesse controllare gran parte dei meccanismi fisiologici ho iniziato a studiare i lieviti, poi i batteri, i topi e, infine, l’uomo. Più approfondivo lo studio della genetica, più capivo l’importanza della nutrizione e il suo ruolo nel controllo dell’avanzamento dell’età. Riuscivo ad allungare di 10 volte la vita di un lievito abbinando mutazioni genetiche legate al digiuno. Ho capito che era qualcosa di potentissimo e fondamentale per tutti gli organismi».
Si è trasferito negli Stati Uniti da adolescente, qual è stato, da italiano, l’impatto con un Paese dove il rapporto con il cibo e l’alimentazione è spesso sregolato?
«Sono rimasto impressionato, il modo di nutrirsi era completamente diverso. Scoprii l’esistenza di cibi e bevande che non avevo mai visto: fritti, dolci, grassi, mangiati insieme senza nessuna regola. I miei parenti di Chicago erano tutti in sovrappeso o obesi. La zia con cui vivevo è morta di diabete e pure suo fratello e suo cugino. Erano tutti giovanissimi. Nella parte calabrese della mia famiglia non c’erano mai stati casi di diabete. Forse la molla
«LA ZIA CON CUI VIVEVO A CHICAGO, IL FRATELLO E IL CUGINO SONO MORTI DI DIABETE: NEL RAMO CALABRESE DI FAMIGLIA NON CI SONO MAI STATI CASI»
verso lo studio dell’alimentazione e della genetica è stata proprio questa».
Oggi in Italia ci stiamo avvicinando al modello americano?
«Purtroppo sì, anche perché è un sistema che, finanziariamente, conviene a tutti. Cibi e bevande non vengono venduti a prescindere con un piano malefico, ma è chiaro che ognuno vuole massimizzare i profitti. Ad esempio, io per primo mangio pasta quasi tutti i giorni, è un ottimo alimento e di per sè non fa male. Il problema è che si mangiano, in modo smodato, sempre più pasta, pizza, riso e patate. Il sistema medico però, soprattutto negli Usa, non interviene per tempo. Si limita a somministrare farmaci come Ozempic o l’insulina, ma non rimborsa una visita con un nutrizionista, da cui dovrebbe partire una corretta educazione alimentare. Per riportare un diabetico a un buono stato di salute ci vogliono almeno due anni di lavoro con un team specializzato e costi conseguenti. Ci sono patologie come l’Alzheimer che sono in aumento e potrebbero essere prevenute intervenendo presto sulla salute metabolica».
Come è strutturata la sua “dieta della longevità” e da quale età è indicata?
«Dai 20 ai 70 anni, prima, nell’età dello sviluppo, e dopo si può seguire la cosiddetta dieta mediterranea. Il regime alimentare che ho messo a punto è soprattutto pescetariano. Si mangia pesce 3-4 volte a settimana, facendo attenzione a quelli che contengono molto mercurio. È importante assumere più verdura che frutta, perché quest’ultima è molto zuccherina. Ci sono persone che mangiano cinque banane al giorno o quattro mele e si giustificano dicendo “tanto è frutta”, non va bene. Bisogna consumare legumi, quantità di olio relativamente alte e frutta secca. E poi è buona norma praticare il time restricted eating».
Cioè il digiuno intermittente?
«Non esattamente, il digiuno intermittente si basa sullo schema 8:16, cioè si mangia per 8 ore e si digiuna per sedici. Io consiglio di astenersi dal cibo solo per 12 ore, la sera, e di non saltare mai la prima colazione. Credo che mangiare non sia mai positivo o negativo di per sé e lo stesso vale per il digiuno. Studi autorevoli hanno però dimostrato che 16 ore di digiuno sono troppe».
Alla dieta della longevità affianca però quella “mima digiuno” . In cosa consiste?
«È una dieta vegana tra le 800 e le 1000 calorie, alta in grassi e bassa in zuccheri e proteine. Va fatta per cinque giorni: simula il digiuno e permette al sistema di ripulirsi in modo sicuro. Ormai è stata seguita da oltre un milione di persone e nessuna
«STUDI AUTOREVOLI HANNO DIMOSTRATO CHE 16 ORE DI ASTENSIONE DAL CIBO SONO TROPPE: MEGLIO SALTARE LA CENA E MAI LA COLAZIONE»
ha avuto problemi. Si viene guidati con i kit nutrizionali messi a punto con la mia fondazione». Quante volte all’anno andrebbe seguita ?
«Dipende dal singolo paziente. Per un trentenne in piena salute che segue una dieta bilanciata e fa attività fisica bastano un paio di volte, un diabetico può farla anche una volta al mese fino alla stabilizzazione».
Un esempio di ricetta nella dieta “mima digiuno”.
«Non parlerei di vere e proprie ricette, ma di calcoli nutrizionali. Potrei fare l’esempio di una zuppa di ceci, ma non è quella che abbiamo in mente. La dieta “mima digiuno” è una medicina fatta di ingredienti calcolati per avere effetti sull’organismo ed è testata clinicamente, deve essere seguita alla lettera. L’alimentazione è più efficace, soprattutto sul lungo periodo, dell’Ozempic per gli obesi e i diabetici. Ti permette davvero di tornare a essere sano».
Uno degli obiettivi delle sue diete è la riduzione dell’infiammazione. Come funziona?
«Attraverso l’alimentazione il sistema si ripara e può tornare a una funzionalità ideale che con l’invecchiamento viene compromessa».
La dieta permette davvero di diminuire la propria età biologica e, quindi, ringiovanire?
«Negli ultimi due anni e mezzo abbiamo fatto studi scientifici sul tema e hanno dimostrato la riduzione dell’età biologica dei pazienti. Per misurarla usiamo il metodo BioAge del dottor Morgan Levine, si basa su fattori di rischio e marcatori di malattie riconosciuti da tutti i medici, rilevabili con semplici esami del sangue come proteina c reattiva, albumina, colesterolo e misurazione della pressione sanguigna. Lo trovo molto più accurato del metodo di misurazione epigenetico basato sul Dna».
Lei sa qual è la sua età biologica?
«No».
Perché?
«Seguo scrupolosamente le diete, faccio attività fisica e mi tengo controllato. Mi basta questo. Una parte importante del mio lavoro è il dialogo con gli ultracentenari, soprattutto in Italia. Parlare con loro è fondamentale per capire come si può arrivare a quell’età. Nessuno è medico o avvocato, sono stati contadini o allevatori, persone che hanno faticato tutta la vita. Muoversi tiene attivo tutto il corpo, non solo la muscolatura».
Per lei cos’è la longevità, oltre alla definizione scientifica?
«Una vita lunga, ma soprattutto sana e di qualità, senza malattie. Con la gioia di essere indipendenti e le abilità cognitive e fisiche sufficienti per rendere questi anni in più positivi e non negativi».
«ATTRAVERSO IL CIBO IL SISTEMA SI RIPARA E TORNA ALLA FUNZIONALITÀ IDEALE CHE CON L’INVECCHIAMENTO VIENE COMPROMESSA»