LA MODA CHE INGANNA E SEDUCE CI AIUTA A CAPIRE LA BELLEZZA: SIAMO CORPO, NON SOLO PENSIERO
Accigliati e barbuti, sempre seri e alle prese con problemi seri, i filosofi non hanno tempo di occuparsi di temi frivoli come la moda. Sbagliando, secondo Eugen Fink, che quanto a serietà non era secondo a nessuno, dopo aver lavorato con Edmund Husserl e Martin Heidegger. Perché anche la moda – scrive in Moda. Un gioco seduttivo (da poco pubblicato per Einaudi a cura di G. Matteucci) – riguarda il mondo degli esseri umani: se la filosofia vuole rendere conto della complessità della nostra esistenza, anche di questo fenomeno, che è sempre esistito e sempre esisterà, dovrà dunque rendere conto. Difficile contestare la validità di una simile affermazione, che diventa ancora più interessante, se si considerano altri spunti.
Il primo è la progressiva ascesa al centro dell’attenzione nei dibattiti, filosofici e non, del corpo. Quando consideriamo gli esseri umani, l’attenzione si rivolge subito a quella che un tempo si chiamava anima e oggi mente o pensiero o coscienza. È vero, ma non è vero – come troppo spesso si ripete – che il corpo debba essere svalutato come semplice accompagnamento: qualcosa che ci appartiene ma che non ci rappresenta propriamente, che non è veramente noi stessi (perché noi saremmo appunto la nostra anima, il nostro pensiero, la nostra coscienza). Non è così come i filosofi dal tempo di Friedrich Nietzsche («Io sono il mio corpo») e gli scienziati continuano a ripeterci. E l’abbigliamento non è certo qualcosa di secondario, nella quotidianità dei nostri corpi. Occuparcene ci aiuterà meglio a capire chi siamo e cosa facciamo: «Le menti disincarnate non possono amare, non possono partorire, non possono lavorare, non sono vestite, non vivono in abitazioni, non fondano città e Stati».
C’è poi l’accusa per cui la moda è tutt’apparenza, lontana dalla realtà. Ma è un’accusa poco pregnante. Certo: la moda è un gioco di apparenze. Ma quanto delle nostre vite si gioca a questo livello? Di nuovo, si tratta di liberarci di quell’ingombrante dualismo che tende a svalutare la nostra quotidianità a scapito di una profondità “più vera”. E se il nostro mondo reale fosse quello delle apparenze e delle rappresentazioni in cui ci muoviamo quotidianamente? Perché noi viviamo in un mondo di maschere, per così dire: continuiamo a rappresentare ruoli, volenti o nolenti. Il problema non è quello di una impossibile nudità, bensì quello di recitare bene la nostra parte (di genitori, colleghi, amici…). E in questo contesto anche l’abbigliamento, una volta esaurita la sua funzione fisiologica, diventa parte del gioco, veicolando a sua volta messaggi e significati. Con una svolta inattesa.
Perché la moda, oltreché apparenza e illusione, è anche seduzione. Un vestito è qualcosa che rivela e nasconde: e dunque seduce, nel senso che svia, inganna. Ma siamo sicuri che la seduzione sia per forza negativa? E se non fosse invece il modo di aprirci al fascino della vita e della bellezza? Perché c’è anche questo nei nostri corpi: la seduzione di una bellezza potenziale. E con il suo gioco di illusioni e inganni, la moda in fondo ci potrebbe aiutare a vederla in tutte le sue forme variegate. Sarà anche un inganno: ma è un inganno tutt’altro che inutile se ci aiuta a comprendere che la bellezza va sempre declinata al plurale in quello spettacolo di arte varia che sono le nostre vite.
PER FINK, LEGATO A HUSSERL E HEIDEGGER, LA FILOSOFIA DOVEVA OCCUPARSI ANCHE DELL’ABBIGLIAMENTO, UN TEMA NON FRIVOLO