«AVEVO TRAUMI E SENSI DI COLPA SONO MOLTO CREDENTE, DIO MI HA MESSO IN QUESTO VIAGGIO»
Lei è Burnham, la prima capitana e nera nella storia di Star Trek: «Non ho compreso veramente che significhi, è un’esortazione all’azione» Per l’attrice è l’ultima stagione: «Abbiamo abbattuto molte barriere»
Da sette anni è impegnata in epiche battaglie galattiche, alla guida della USS Discovery, sfavillante navicella spaziale in viaggio nell’ignoto. E da sette anni, Sonequa Martin-Green, 39 anni, protagonista della serie Star Trek: Discovery – la quinta e ultima stagione è disponibile su Paramount+ – è chiamata a riflettere attorno alla stessa domanda: cosa significa interpretare il primo capitano donna e nero di Star Trek? «Mi viene sempre chiesto, ed ecco la verità: non ho ancora risposto abbastanza. Sento di non avere ancora colto a pieno che cosa significhi per me. Penso di aver capito che non si tratta di qualcosa che sarò in grado di spiegare a pieno. Per quanto mi riguarda ha significato molto di più di quanto si possa esprimere: entrare nella storia della televisione in questo modo, ricevere il testimone da coloro che mi hanno preceduta. Significa molto essere una piccola parte della storia della televisione e per me è una sorta di esortazione all’azione. Credo che questo sia l’impatto che Star Trek ha sempre avuto sulla società: è un’esortazione all’azione perché mostra alle persone che gli orizzonti possono essere sempre più ampi».
Il suo personaggio crede nella possibilità di un futuro migliore.
«Certo, ma per farlo bisogna vedere il passato in un modo nuovo, più profondo, più chiaro. E ricordarci sempre di quello che è successo ieri. Bisogna avere in mente tutti gli errori, tutte le sconfitte, tutti i fallimenti. Burnham, come gli altri personaggi, hanno sempre presente il prezzo che hanno dovuto pagare per crescere, cambiare, imparare e diventare chi erano destinati ad essere. Ecco, io penso che abbiamo tutti la responsabilità di riflettere sulla società in cui ci troviamo oggi, perché possiamo essere un esempio. Credo che sia il sacrificio necessario per un futuro migliore».
Eppure il mondo sembra ricordarci ogni volta che i potenti si scordano del passato, della storia. Succede anche nel cinema, con attori che appartengono a minoranze sottorappresentate che quotidianamente devono affrontare
più difficoltà, non crede?
«Ci sono molti ostacoli in questo senso. Ma, ancora una volta, credo si tratti di connessione, di empatia, di ampliare la propria prospettiva, di prendersi il tempo per cercare di vedere il mondo da quella di qualcun altro, attraverso i suoi occhi e la sua esperienza. Si tratta di capire che tutti hanno la stessa importanza. Questa è una delle cose che abbiamo sperimentato in Star Trek: Discovery: quella dello show è diventata una famiglia e tutti sono d’accordo. E credo che questo sia il punto: tutti devono essere d’accordo sul fatto che ognuno ha la stessa importanza. È così che nasce la vera collaborazione, è così che nasce la vera comunità».
Com’è cambiato il suo personaggio in cinque stagioni?
«Ho la fortuna di poter dire che mi sono evoluta proprio come Burnham. Anche io sono arrivata in questo progetto con molti traumi, sensi di colpa e vergogna. All’inizio delle riprese di Discovery sentivo di dover dimostrare a me stessa che dovevo lottare per dimostrare il mio valore e la mia importanza. Mi sentivo inferiore, sotto molti punti di vista. Ma ero anche certa di meritare di essere in questa posizione privilegiata, semplicemente era arrivato il momento di crederci davvero. Ho ascoltato mio padre che ha usato questa mia esperienza per insegnarmi tante cose su chi sono veramente come donna, come moglie, come artista, come professionista, come amica, e anche come leader. E in questo modo sento di essermi evoluta ed evolversi per me vuol dire soprattutto imparare dai propri errori».
Che tipo di viaggio attende il Capitano Burnham in questa ultima stagione?
«I fan della saga possono aspettarsi molto, è una stagione profonda e anche molto avventurosa. C’è tanto divertimento, volevamo un cambio di tono. Abbiamo affrontato alcuni temi davvero importanti. La quarta stagione doveva letteralmente rispecchiare la pandemia. Ora serviva leggerezza ma, allo stesso tempo, in questa stagione ci poniamo la domanda più grande, quella che il mondo stesso dovrebbe porsi, una domanda esistenziale, che va affrontata. Non voglio rovinare la sorpresa, ma penso che le persone debbano passare del tempo a riflettere e spero che questa serie incoraggi a farlo, a guardare oltre la propria percezione e a spingersi più in là, ma all’interno di noi stessi».
Questa è la stagione conclusiva della serie: che eredità lascia questo progetto?
«Credo che l’eredità sia proprio legata a quanto dicevo a proposito dell’evoluzione. Penso che l’eredità debba essere determinata a posteriori, quindi sarei molto curiosa di sapere quali saranno le risposte a questa domanda tra dieci o quindici anni. Perché c’è una parte dell’eredità che è visibile già nel presente, ma un’altra che si vedrà solamente nel tempo. Io so che abbiamo abbattuto molte barriere. Abbiamo fatto la storia della televisione semplicemente permettendomi di interpretare la prima donna nera capitano di questo enorme franchise. Ma credo che sia stato determinante anche il modo in cui è stata raccontata la storia del mio personaggio, il fatto che abbia vissuto una crescita, una metamorfosi. E questo in un progetto che, nel corso del tempo, era stato iperserializzato (si tratta della sesta serie derivante da Star Trek, ndr) ma nessuno si era mai spinto così in là. Abbiamo infranto i confini per spingere in avanti con l’innovazione e, naturalmente, con la nostra idea di diversità. Ora spero anche che, così come noi che abbiamo preso il testimone che ci è stato passato da chi era arrivato prima, e l’abbiamo portato avanti, arrivi qualcuno che lo faccia anche con noi, ampliando ulteriormente gli orizzonti e le possibilità». Ha 39 anni e una carriera che vanta già numerosi progetti di successo: oltre ad essere la protagonista di
Star Trek: Discovery è stata anche Sasha Williams in The Walking
Dead. Cosa sogna ora per il suo futuro?
«Ci stavo scherzando su in questi giorni... Il fatto è che non vedo l’ora di stare un po’ di tempo con la mia famiglia, a casa. Non vedo l’ora di coltivare la mia famiglia, il rapporto con mio marito, con i miei figli. Ma, in termini di carriera, voglio sicuramente per il mio futuro raccontare storie che abbiano un impatto e l’impatto è una cosa che non si può prevedere. Il mio desiderio, però, è descrivere storie che creino un cambiamento positivo, che dicano davvero qualcosa che deve essere detto e che mostrino le cose che devono essere viste. Sono molto credente e, per certi versi, mi sembra di essere dentro un viaggio in cui Dio mi ha messa, quindi andrò ovunque mi dica di andare. Vedremo cosa succederà».
Le galassie, anche quelle lontane lontane, sono pronte per essere esplorate.
«MI SENTIVO INFERIORE, MA ERO ANCHE CERTA DI MERITARE QUESTA POSIZIONE. ORA VOGLIO DEDICARMI ALLA FAMIGLIA»