GRamMaTicA
UNA PAROLA VISSUTA CON LIVORE CHE OGGI TROVIAMO DOVUNQUE
Grammatica, perché non conosciamo più l’italiano», gridava qualche giorno fa il titolo di un quotidiano. Ammesso e non concesso che oggi la si conosca davvero meno, sta di fatto che la grammatica è ormai dappertutto. La tendenza dilagante al suo uso metaforico è ben esemplificata da una nuova serie editoriale fatta di titoli come La grammatica delle spezie, La grammatica dei profumi, La grammatica delle erbe o La grammatica della calligrafia (Gribaudo editore). Quest’ultimo etimologicamente ridondante, visto che la parola grammatica deriva dalla stessa base greca di grafia: il verbo gráphein «scrivere», da cui grámma «segno della scrittura», da cui grammatiké (sottinteso téchne) cioè tecnica della scrittura ovvero arte grammatica. Da cui l’Accademia d’arte grammatica nata una dozzina d’anni fa come rubrica della trasmissione radiofonica La lingua batte, che è stata anche promotrice della Giornata pro-grammatica.
La grammatica – peraltro – è stata oggetto nei secoli di un certo livore, evidente in derivati come grammaticheria o grammaticaggine o grammatichevole o nell’epiteto grammuffastronzolo, a sua volta ricavato dal gergale grammuffa per indicare appunto la grammatica. Dello stesso tono anche il verbo grammatizzare, nel senso di pedanteggiare: ma, appunto, non è il caso di grammatizzare. Volendo consolarci, potremmo citare il filogrammatico usato come pseudonimo dall’autore di un’opera pubblicata a Bologna nel 1667 (Considerationi dell’Anonimo Filogrammatico ecc.) e riesumato nel nome di ben due gruppi Facebook. Uno, polemizzando con una definizione di provenienza anglossassone, si presenta così: «Grammar nazi? No, grazie! Preferiamo definirci filogrammatici :)». L’altro proclama che «La filogrammatica è rispetto delle regole necessarie alla costruzione di frasi, sintagmi e parole di una determinata lingua». Ma quella non era semplicemente la grammatica?
Il prefisso greco – da philéin «amare» – dovrebbe piuttosto evocare l’amore per qualcosa; usandolo come suffisso, si sarebbe potuto dire grammaticofili : ma la -filìa viene associata spesso a forme morbose (già ottocentesca è invece la grammaticofobia). Ecco allora i Grammamanti dell’ultimo titolo di Vera Gheno (Einaudi; nel testo c’è anche il verbo grammamare); già Giuseppe Patota, d’altronde, aveva coniato nel 2005 grammabolario per riferirsi a un vocabolario particolarmente attento ai fatti di grammatica. Perché non di solo lessico si vive: come dimostra, liberamente ispirata al Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, l’affascinante Autobiogrammatica di Tommaso Giartosio (Minimum fax).
LA TENDENZA DILAGANTE ALL’USO METAFORICO LA ABBINA ORMAI A TUTTO: SPEZIE, PROFUMI, ERBE