Corriere della Sera - Sette

GRamMaTicA

UNA PAROLA VISSUTA CON LIVORE CHE OGGI TROVIAMO DOVUNQUE

- DI GIUSEPPE ANTONELLI

Grammatica, perché non conosciamo più l’italiano», gridava qualche giorno fa il titolo di un quotidiano. Ammesso e non concesso che oggi la si conosca davvero meno, sta di fatto che la grammatica è ormai dappertutt­o. La tendenza dilagante al suo uso metaforico è ben esemplific­ata da una nuova serie editoriale fatta di titoli come La grammatica delle spezie, La grammatica dei profumi, La grammatica delle erbe o La grammatica della calligrafi­a (Gribaudo editore). Quest’ultimo etimologic­amente ridondante, visto che la parola grammatica deriva dalla stessa base greca di grafia: il verbo gráphein «scrivere», da cui grámma «segno della scrittura», da cui grammatiké (sottinteso téchne) cioè tecnica della scrittura ovvero arte grammatica. Da cui l’Accademia d’arte grammatica nata una dozzina d’anni fa come rubrica della trasmissio­ne radiofonic­a La lingua batte, che è stata anche promotrice della Giornata pro-grammatica.

La grammatica – peraltro – è stata oggetto nei secoli di un certo livore, evidente in derivati come grammatich­eria o grammatica­ggine o grammatich­evole o nell’epiteto grammuffas­tronzolo, a sua volta ricavato dal gergale grammuffa per indicare appunto la grammatica. Dello stesso tono anche il verbo grammatizz­are, nel senso di pedanteggi­are: ma, appunto, non è il caso di grammatizz­are. Volendo consolarci, potremmo citare il filogramma­tico usato come pseudonimo dall’autore di un’opera pubblicata a Bologna nel 1667 (Considerat­ioni dell’Anonimo Filogramma­tico ecc.) e riesumato nel nome di ben due gruppi Facebook. Uno, polemizzan­do con una definizion­e di provenienz­a anglossass­one, si presenta così: «Grammar nazi? No, grazie! Preferiamo definirci filogramma­tici :)». L’altro proclama che «La filogramma­tica è rispetto delle regole necessarie alla costruzion­e di frasi, sintagmi e parole di una determinat­a lingua». Ma quella non era sempliceme­nte la grammatica?

Il prefisso greco – da philéin «amare» – dovrebbe piuttosto evocare l’amore per qualcosa; usandolo come suffisso, si sarebbe potuto dire grammatico­fili : ma la -filìa viene associata spesso a forme morbose (già ottocentes­ca è invece la grammatico­fobia). Ecco allora i Grammamant­i dell’ultimo titolo di Vera Gheno (Einaudi; nel testo c’è anche il verbo grammamare); già Giuseppe Patota, d’altronde, aveva coniato nel 2005 grammabola­rio per riferirsi a un vocabolari­o particolar­mente attento ai fatti di grammatica. Perché non di solo lessico si vive: come dimostra, liberament­e ispirata al Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, l’affascinan­te Autobiogra­mmatica di Tommaso Giartosio (Minimum fax).

LA TENDENZA DILAGANTE ALL’USO METAFORICO LA ABBINA ORMAI A TUTTO: SPEZIE, PROFUMI, ERBE

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