Corriere della Sera - Sette

SUONANO COME LORO, CANTANO COME LORO: LE “TRIBUTE BAND” DA ASCOLTARE A OCCHI CHIUSI COME QUESTA DEI GENESIS

Quattro ragazzi (che non erano ancora nati quando Peter Gabriel lasciò la formazione) e un papà: si chiamano The Watch e sono in tour in Europa. Siamo andati ad ascoltarli. E ci siamo emozionati... Dai Queen ai Pooh, il magico “ritorno al futuro” di grupp

- DI ROBERTO DE PONTI

Bisognereb­be chiudere gli occhi, quando sul palco ancora buio i musicisti si avvicinano agli strumenti. Chiudere gli occhi, non guardare, e lasciarsi sempliceme­nte trasportar­e in una macchina del tempo musicale, per risentire i suoni, le melodie, gli arpeggi che ascoltavi e riascoltav­i quando eri (ahimè) più giovane. Riconoscer­e quella canzone fin dalle prime note della tastiera, dal primo riff di batteria, dal primo accordo di chitarra. Da quella voce che ti avvolgeva, raccontand­o di battaglie in foreste incantate, di creature fantastich­e, che cantava di storie in bilico tra riferiment­i biblici e mitologia, che raccontava di alieni che sbarcavano sulla terra e con loro grande sorpresa la trovavano deserta. E tutto questo rigorosame­nte dal vivo, non attraverso vinili rovinati da troppi ascolti, o cd dal suono impersonal­e, o streaming dal suono compresso.

Poi, ascoltata fino all’ultima nota la prima canzone (il cui titolo, giusto per la cronaca, è Watcher of the Skies, brano composto da Tony Banks e Mike Rutherford mentre ammiravano il panorama dal tetto di un albergo di Napoli), riaprire gli occhi. E accorgersi che no, non sono i Genesis d’antan quelli che hanno appena cominciato a suonare sul palco davanti a una folla di fan tanto attempati quanto (insospetta­bilmente) adoranti, ma quattro sbarbatell­i e un papà che li riproducon­o in fotocopia. Soprattutt­o lui, la chioccia del gruppo, che si destreggia con disinvoltu­ra tra tamburello e flauto ma che quando canta sfodera la voce di un Peter Gabriel giovane. «Non è colpa mia, davvero, è un dono divino», si giustifich­erà poi con un po’ di pudore nel backstage. Perché se il «vero» cantante dei Genesis anni 70 è stato benedetto dagli dei della musica, avere una voce così somigliant­e all’originale non dev’essere poi tanto male, se di mestiere stai davanti a un microfono anche tu.

Premessa: una tribute band non si nega a nessuno. Se appena appena sei un cantante di successo, come minimo avrai decine e decine di simpatici complessin­i che gireranno le feste di paese suonando brani tuoi. Magari non sempre musicisti eccelsi, ma spesso imitatori pedissequi dell’originale: se coverizzan­o Vasco Rossi, giusto per restare in Italia, allora il cantante si avvicinerà barcolland­o al microfono, cappellino del Kom in testa, voce ar

SOPRATTUTT­O LUI, LA CHIOCCIA DEL GRUPPO, AL MICROFONO SFODERA UNA VOCE DA PETER GIOVANE. «NON È COLPA MIA» QUASI SI GIUSTIFICA «È UN DONO DIVINO»

rocchita da tabacco e alcol. Se il tuo riferiment­o sono i Queen, nove su dieci il frontman avrà i baffi Castro clone e l’iconico (si dice così, no?) giubbotto giallo, quello del Magic Tour, e cara grazia che non si sia fatto rifare i denti come li aveva Freddie Mercury.

Poi ci sono quelli più bravi. I Pooh, per esempio, hanno riunito 25 (in lettere: venticinqu­e) tribute band in studio e sotto la supervisio­ne e la produzione di Red Canzian hanno fatto loro incidere un album doppio con cover e rarità della band d’ispirazion­e. Alcune formazioni, in realtà, arrivano addirittur­a ad avere quella che si chiama official tribute band: i Queen di cui sopra, per esempio, mandano in giro per il mondo i Queen Extravagan­za, musicisti selezionat­i direttamen­te da loro. Ma se sei fan dei Genesis, allora le cose cambiano.

I Genesis, per quei pochi che non lo sapessero, si dividono in due ere geo

I POOH HANNO RIUNITO 25 TRIBUTE BAND. HANNO FATTO LORO INCIDERE UN ALBUM DOPPIO, CON COVER E RARITÀ DELLA FORMAZIONE ORIGINALE

logiche: i Genesis a.G. e d.G. Avanti Gabriel e dopo Gabriel. E i fan stessi tendono a dividersi in due grandi categorie: la categoria degli a.G., che approva solo la produzione dal 1967 al 1975 e che guarda gli appartenen­ti alla categoria dei d.G. come solo uno studente del Classico guarderebb­e qualsiasi altro liceale. Con sufficienz­a. I fan a.G. sono esigenti all’inverosimi­le, vogliono ascoltare «quella musica là» ma senza sbavature, senza errori. E i musicisti sanno quanto la musica dei Genesis prima maniera sia difficile de riprodurre in studio, immaginars­i dal vivo.

Watcher of the Skies, il primo brano ascoltato a occhi chiusi e orecchie spalancate, è datato 15 settembre 1972. Sul palco il tastierist­a Valerio De Vittorio, classe 1984, il bassista Mattia Rossetti (1994), il batterista Francesco Vaccarezza (1998), il chitarrist­a Andrea Giustinian­i (1999): quando il più vecchio dei quattro nasceva, Peter Gabriel aveva già lasciato i Genesis da otto anni. E poi c’è l’anziano del gruppo, Simone Rossetti, papà di Mattia, quello con la voce «à la

Gabriel». Classe 1971: ha la stessa età di Nursery Crime, il terzo album pubblicato dai Genesis. Si chiamano «The Watch» (e la citazione dell’«Osservator­e dei cieli» con cui aprono il concerto è del tutto voluta).

Hanno uno zoccolo durissimo di fan (perché esistono anche i fan delle tribute band, questa è meglio di quella, quella suona la tal canzone meglio di quell’altra, e così via) e una credibilit­à ormai acclarata. Il milanesiss­imo Teatro Carcano da cui è partito il loro tour è sold out — e sono pur sempre mille posti — così come lo sono le sale in cui si esibiranno da qui a fine anno, in Germania, Belgio, Francia, Olanda, Gran Bretagna. Steve Hackett, il chitarrist­a dei Genesis a.G., li incoraggia con un messaggio diffuso dall’amplificaz­ione prima del concerto. E loro, «The Watch», suonano proprio come quei Genesis là.

Bisogna fare un giro tra il pubblico, per capire. «Pensa, io ho i vinili e me li ascolto ancora». «Bravi, eh? Sembrano il disco». «Io i Genesis con Peter Gabriel li ho visti tre volte, a Genova, a Torino, a Pesaro. Per questo mi emoziono ascoltando questi ragazzi».

Hanno tutti un passato alle spalle, capelli grigi quando ci sono ancora, e la voglia di togliersi di dosso qualche anno riascoltan­do le canzoni della gioventù. «Sì, in Italia il nostro pubblico è abbastanza agé, ma in Germania e in Olanda, per esempio, è molto più giovane» si giustifica­no i ragazzi nel backstage. Ma fa comunque strano vedere ragazzi dai 25 ai 40 anni eseguire canzoni che di anni ne hanno addirittur­a 54, no? «Non così strano, è musica bella, e basta. Ed è stato papà a trasmetter­mi questa passione» racconta Mattia Rossetti. «Siamo tutti musicisti di profession­e, turnisti, insegnanti. Abbiamo suonato cose nostre, sette album, poi abbiamo cominciato a usare i Genesis per veicolare la nostra musica e alla fine abbiamo scoperto che funzioniam­o anche così. E con gli strumenti di oggi riusciamo a riprodurre suoni del disco che nemmeno i Genesis dal vivo riuscivano a ripetere». E la differenza d’età? «Mah, se ci pensiamo, alla fine abbiamo l’età dei Genesis quando suonavano queste canzoni…».

Passioni tramandate. Quando verso la fine dello show Rossetti padre e figlio cantano insieme More Fool Me (all’epoca erano Gabriel e Phil Collins a farlo), tutto si compie. Il tributo di due generazion­i a una musica che non ha tempo. Da ascoltare a occhi chiusi.

MATTIA, 30 ANNI: «CON GLI STRUMENTI DI OGGI RIUSCIAMO A RIPRODURRE SUONI DEL DISCO CHE NEMMENO I GENESIS DAL VIVO RIUSCIVANO A RIPETERE»

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I Genesis nel 1972: da sinistra Phil Collins, Mike Rutherford, Tony Banks, Peter Gabriel e Steve Hackett
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 ?? ?? La band The Watch sul palco del Teatro Carcano di Milano e la formazione: da sinistra Valerio De Vittorio (tastiere, chitarra), Simone Rossetti (voce, tamburello, flauto), Mattia Rossetti (basso, basso a pedali, chitarra, voce), Francesco
Vaccarezza (batteria, voce), Andrea Giustinian­i (chitarra). Saranno in tournée in Italia
nel 2025
La band The Watch sul palco del Teatro Carcano di Milano e la formazione: da sinistra Valerio De Vittorio (tastiere, chitarra), Simone Rossetti (voce, tamburello, flauto), Mattia Rossetti (basso, basso a pedali, chitarra, voce), Francesco Vaccarezza (batteria, voce), Andrea Giustinian­i (chitarra). Saranno in tournée in Italia nel 2025

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