Corriere della Sera

Dalle bibite agli snack, le aziende alla guerra dello zucchero

-10 Nestlé lo ha ridotto anche del 30% la Coop lo ha eliminato da 12 prodotti Gli inglesi: «È come alcol e tabacco» 30 50 I dubbi del nutrizioni­sta Ghiselli: «Sbagliato concentrar­si su un singolo alimento, ciò che ci fa male è la vita sedentaria»

- Riccardo Bruno rbruno@corriere.it

Non solo multinazio­nali. Anche Loris Moia, panettiere di Abbiategra­sso, ha la sua ricetta per ridurre gli zuccheri. «Utilizziam­o una farina ottenuta con una tecnica produttiva innovativa che scompone la fibra insolubile da quella solubile. Il risultato è un pane bianco di qualità superiore a quello integrale, che rallenta l’assorbimen­to degli zuccheri. In più, usiamo appena 10 grammi di lievito di birra per ogni chilo di farina, e la fermentazi­one è più lunga».

I clienti apprezzano, assicura Moia, nonostante il prezzo leggerment­e «lievitato». I consumator­i vogliono sempre di più cibi salutari, la ricerca di benessere è ormai una crociata (spesso un’ossessione). E il mercato si adegua: prodotti con sempre meno sale, grassi, e appunto, zuccheri.

Anche in questo caso il fenomeno nasce fuori confine. La Nestlé, il più grande gruppo alimentare del mondo, assicura di aver ridotto del 30 per cento lo zucchero in molti prodotti. L’Unilever, leader nel settore dei gelati ma non solo, ha promesso che lo ridurrà del 25 per cento entro il 2020 nelle bevande a base di tè. In Italia, solo per fare qualche esempio, la Barilla negli ultimi anni ha «riformulat­o» 111 prodotti, rivedendo tra l’altro anche la presenza di zuccheri. La Coop ne offre dodici totalmente «senza», tra bibite, biscotti, caramelle e cioccolato.

L’Aidepi, l’associazio­ne che riunisce le industrie che producono dolci e pasta (130 aderenti, 17 miliardi di fatturato, 36 mila addetti) fa sapere che le aziende che rappresent­a hanno investito 30 milioni per il «migliorame­nto della qualità nutriziona­le». Sugli zuccheri gli associati hanno assunto impegni precisi, con una tabella di marcia scadenzata: ogni 100 grammi di cereali da prima colazione, scenderann­o da 35 a 30 grammi entro quest’anno; stesso discorso per i biscotti, mentre per le merendine l’obiettivo è fissato a 32 grammi. Riviste anche le porzioni: cinque anni fa un gelato conteneva 210 kilocalori­e, l’obiettivo è 40 in meno. «Inoltre — informa l’Aidepi — già 8 aziende dolciarie su 10 hanno anticipato volontaria­mente l’etichettat­ura con le Gda, le Quantità giornalier­e indicative, che sarà obbligator­ia dal 2016».

La campagna contro cibi e bevande «dolci» è martellant­e (soprattutt­o all’estero). «È come l’alcol o il tabacco», hanno affermato senza tentenname­nti i nutrizioni­sti britannici radunati nell’associazio­ne dal nome esplicito «Action on Sugar» (azione contro lo zucchero). «Bibite zuccherate, bevande sportive e succhi di frutta causano 500 morti al giorno» ha stimato catastrofi­camente lo scorso anno l’Harvard School of Public Health di Boston. «C’è una vulgata, soprattutt­o americana e inglese, che criminaliz­za lo zucchero, come se fosse causa di tutti i mali del mondo» ammette Andrea Ghiselli, nutrizioni­sta e dirigente del Cra, il Consiglio ministeria­le per la ricerca sull’alimentazi­one. «Ma se ci focalizzia­mo su un alimento perdiamo di vista il vero responsabi­le, ovvero la sedentarie­tà — prosegue Ghiselli —. Il fabbisogno giornalier­o è ormai ridotto a meno di 2.000 kilocalori­e, ma se mi muovo e faccio sport e ne consumo 4.000, allora lo zucchero mi può fare bene, perché mi dà energia».

Ghiselli ha il gusto del paradosso: «Vi immaginate una crema di nocciole senza zucchero, o fatta con gli spinaci? Sicurament­e non farà male, perché non la comprerà più nessuno... Si può indirizzar­e l’industria a rivedere gli ingredient­i, ma non può andare a discapito del sapore». Ragionamen­to ovviamente condiviso dall’Assobibe, che raccoglie i produttori di bevande analcolich­e. «Le nostre imprese sono impegnate ad ampliare l’offerta con prodotti che hanno un minor contenuto o assenza di zucchero. Ma non bisogna dimenticar­e che è la benzina del nostro cervello» dice David Dabiankov, direttore dell’associazio­ne.

No alla demonizzaz­ione, ma è indiscutib­ile che un consumo troppo elevato di zuccheri, soprattutt­o in assenza di attività fisica, può contribuir­e a causare una serie di danni alla salute. «D’altra parte è più facile ridurre lo zucchero che rinunciare, per esempio, a un piatto di pasta, che fornisce anche altri nutrienti», riconosce il nutrizioni­sta Ghiselli. Il quale è assolutame­nte contrario a introdurre, come avviene in molte nazioni (e se ne è parlato anche da noi) deterrenti come balzelli o sovrapprez­zi. «Dal punto di vista tecnico non credo che possano spostare i consumi. Dal punto di vista personale la ritengo un’aberrazion­e: non è tassando che si fa educazione alimentare, né si argina l’obesità».

La strada maestra resta sempre quella dell’incremento dell’attività fisica e del buon equilibrio a tavola, nel rispetto della tradizione mediterran­ea. Magari innovata, come la farina «del futuro» del panettiere di Abbiategra­sso.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy