Il sindaco avvisa: non sarà un Letta bis Questa è la nostra ultima occasione
L’obiettivo è quello di chiudere già stasera la lista con i ministri
ROMA — « Ragazzi, ci stiamo giocando tutto: la faccia, innanzitutto, e poi il resto»: Matteo Renzi non ha più illusioni né disillusioni. Pensa solo al governo che verrà, e siccome sarà lui a farlo nascere è preoccupato e attento. Punto primo, «non potrà essere un Letta bis, perché non si capirebbe per quale motivo siamo arrivati noi. Sembrerebbe un cambio di guardia e basta. Va via Letta, arriva Renzi, ma non è così. Non è per questo che sta succedendo quello che sta succedendo». Il segretario del Partito democratico pensa al futuro. Ed è preoccupato.
Il braccio di ferro con il Quirinale, che è stato debitamente smentito, non lo ha stremato. Lo dava per scontato. Sul futuro ha idee chiare, e non è nemmeno troppo ottimista: «È inutile girarci intorno. Io ho due mesi di tempo, neanche cento giorni. O faccio qualcosa in quel lasso di tempo o la gente penserà che la politica non vale niente». Per dirla alla Renzi: «O in sessanta giorni dimostriamo che siamo capaci di invertire
La posta in palio «Ragazzi, ci stiamo giocando tutto, la faccia innanzitutto. E poi tutto il resto»
la rotta veramente, e quindi variamo dei provvedimenti che vadano incontro alle esigenze degli italiani, o siamo fuori. In poche parole, siamo morti: adesso o mai più. Ve lo ripeto perché possiate ricordarvelo tutti, al di là delle lotte interne: questa è la nostra ultima occasione. L’ultima per il Pd senz’altro».
Il segretario del Partito democratico è cauto e con tutti i sensi all’erta: «Mi bastano due mesi. Due mesi di grandi riforme e il Paese scorderà questo periodo buio, i malumori, le cose fatte male...». Solo due mesi, chiede Renzi. Ma gli basteranno? I piccoli partiti, a iniziare dal Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, stanno facendo di tutto per evitare che la riforma delle elezioni politiche veda la luce. E infatti legano la sopravvivenza del patto di governo con quell’accordo preso alla vigilia delle consultazioni che saranno. Prima si fa l’esecutivo, poi si assicura che la riforma elettorale verrà fatta solo dopo la riforma del Senato (ossia solo dopo la sua cancellazione).
Il partito Intanto il segretario pd pensa anche all’organigramma di chi terrà le redini del partito
Renzi però tira dritto e intende bruciare i tempi. Vorrebbe portare la lista dei ministri già stasera, per evitare il continuo assalto alla carovana: i nomi, più o meno eccellenti, di quanti da qui a oggi si accrediteranno presso lo staff del segretario saranno moltissimi. Lui, Renzi, valuta studia, freme e si preoccupa. Quindi spiega ai suoi fedelissimi: «Non so se ce la farò, ma ci proverò in tutti i modi con grande determinazione. O facciamo qualcosa adesso o la gente si allontanerà per sempre dalla politica » . Quindi, di nuovo lo stesso refrain: «Ci stiamo giocando tutto, ma veramente tutto». È il gioco che a Renzi, in fondo in fondo, piace di più. Su quel tavolo è pronto a spendere le sue carte. Come sull’Economia. La vulgata lo vuole pronto a prendersi Tabellini. Lui nega: «Non sarà lui il nuovo ministro dell’Economia», ma si guarda bene dal dire chi potrebbe esserlo, continua a lasciare che si parli di Padoan, e lì si guarda bene dallo smentire.
Piuttosto lascia correre e preferisce fare finta di niente. Piuttosto, predilige di gran lunga guardare l’organigramma del partito perché in quel foglietto che ancora tiene in tasca e che non ha buttato via dopo l’incontro con l’ex presidente del Copasir, smentito da Massimo D’Alema, sono conservati dei nomi preziosi. Nomi di personaggi che tra un po’ conquisteranno la ribalta del Pd. Di quel Partito democratico che, dice D’Alema, Renzi non potrà pensare di tenere ancora in vita mantenendone la leadership. L’ex presidente del Copasir lo ha spiegato a tutti: «Quando Matteo andrà a palazzo Chigi non potrà pensare di guidare sia il governo che il Pd. Ci vorrà qualcuno che tenga le redini della baracca».
Il «Matteo» in questione pensa di riuscire a tenere in mano tutte le redini e di portare stasera a casa il risultato: «Si tratta, per carità, si discute, ma alla fine decido io, non c’è problema».