«Io in via XX settembre? Sono qui al G20 per l’Ocse»
Per Padoan non si è ancora concluso l’iter della nomina al vertice dell’Istat
SYDNEY — «Sono qui come vicesegretario dell’Ocse» chiarisce Pier Carlo Padoan mentre assieme al direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, si appresta ad entrare nella sala dove è stata allestita la cena per i deputies, cioè per i numeri due dei partecipanti al vertice dei ministri e dei governatori delle banche centrali dei venti Paesi più ricchi del mondo. Tocca a loro preparare la discussione dei numeri uno che arriveranno invece a Sydney stasera. Fatta eccezione per il ministro italiano, Fabrizio Saccomanni il quale, come ha confermato mercoledì, ha deciso di restare a Roma per evitare che l’avvicendamento con il suo successore nel nuovo governo guidato da Matteo Renzi lo cogliesse nel bel mezzo del confronto internazionale. Sul tavolo ci sono temi molto delicati per la ripresa: dall’emergenza occupazione alla differenza di velocità nella crescita tra Stati Uniti ed Europa.
In Australia insomma non c’è il ministro ma invece qualcuno che non è ministro e potrebbe diventarlo. Un bel paradosso, non c’è che dire. Ma non è l’unico. La situazione è davvero particolare. Padoan, l’economista da giorni indicato come uno dei candidati più accreditati a ricoprire la poltrona forse più delicata del nascituro governo Renzi, quello del ministero di via XX Settembre, non è neanche o non è ancora presidente dell’Istat. Le procedure per rendere operativa la nomina, proposta dal consiglio dei ministri guidato da Enrico Letta, non si sono formalmente ancora concluse. Dopo il via libera del Parlamento, arrivato al termine di un percorso accidentato per una svista sulle norme in vigore, il decreto di nomina dovrà tornare alla ratifica del governo che peraltro non sarà lo stesso che lo ha proposto.
Intanto sono passati due mesi e Padoan, presidente in pectore dell’Istat e candidato ministro, è a 23 mila chilometri da Roma ad occuparsi dell’attività dell’Ocse, l’organizzazione con sede a Parigi che rappresenta i paesi più industrializzati. «Io sono qui per svolgere il mio lavoro», ripete Padoan accennando in particolare alle due riforme tributarie che l’Ocse ha messo a punto per conto del G20. La prima riguarda gli standard fiscali, cioè lo scambio automatico di informazioni fra i governi per combattere l’evasione e i paradisi fiscali. La seconda, più difficile da realizzare, riguarda l’armonizzazione delle regole sui capitali mobili, cioè della tassazione dei profitti delle multinazionali dove vengono prodotti e non, come è ora, dove è più conveniente.