Gli intrighi del Canale di Panama Cadono i veti, il cantiere riapre
La ripresa dei lavori del consorzio Gupc (Sacyr-Impregilo)
MILANO — Se non fosse per i protagonisti, quasi tutti di animo latino, la storia dell’ampliamento del Canale di Panama potrebbe essere la trama di una spy story, dove gli equilibri di una «giovane» repubblica (panamense) si mescolano con quelli finanziari dei costruttori europei (spagnoli e italiani) e si impastano con il sospetto di un coinvolgimento degli Stati Uniti, esclusi da una partita in cui fino al 1999 hanno giocato da protagonisti. Una spy story che per i toni si è trasformata più in una soap opera.
Partiamo dall’ultima puntata, che non sembra essere definitiva perché le parti coinvolte si sono date 72 ore per trovare l’accordo. Ieri sono ripresi i lavori di espansione del Canale di Panama, dopo lo stop di due settimane fa. È dal 1914 che il Canale collega gli oceani Atlantico e Pacifico, accorciando il tragitto delle navi merci che fanno la spola tra l’Europa e l’America: lo attraversano circa 14 mila ogni anno. I lavori servono per permettere il transito alle nuove imbarcazioni extralarge, lunghe fino a 350 metri, con pescaggio di 18 metri e in grado di trasportare fino a 12 mila container, contro i 4 mila dei cargo che ora riescono a passare. Il consorzio europeo Gupc, che nel 2009 si è aggiudicato la commessa internazionale da 3,2 miliardi di dollari, ha bloccato i lavori in seguito alla rottura delle trattative con l’Autorità del Canale di Panama (Acp) sui costi aggiuntivi di 1,6 miliardi di dollari. Il consorzio è guidato dalla spagnola Sacyr, ma ne fa parte anche l’italiana Salini Impregilo con il 38% e con quote minori la belga Jan De Nul e la panamense Constructora Urbana. La disputa tra Acp e il consorzio era cominciata a dicembre e si è protratta fino al braccio di ferro di febbraio. Da un lato Panama decisa a non pagare ed assistita dagli avvocati di un grande studio legale americano che lavora anche per la Bechetel, la società Usa che nel 2009 perse la sfida per aggiudicarsi la commessa con disappunto di Washington (i cablogrammi dell’ambasciata Usa di Panama, pubblicati tre anni fa da Wikileaks, sono emblematici: «Gli spagnoli del consorzio hanno vinto offrendo un prezzo troppo basso: sicuramente chiederanno un adeguamento in corso d’opera». In realtà lo scarto fu tecnico). Dall’altro lato il consorzio che rivendica il pagamento e imputa gli extra costi a interventi non prevedibili, come la richiesta da parte dell’Acp di un calcestruzzo di qualità migliore e quindi più caro.
Il 70% dell’opera è già stato realizzato, perciò non conviene a nessuno fermare tutto e procedere a una nuova assegnazione. Sarebbe controproducente per il presidente uscente di Panama, Ricardo Martinelli, che nei mesi scorsi ha alzato il livello dello scontro chiedendo il coinvolgimento Ad aggiudicarsi i lavori per il raddoppio del Canale di Panama (foto sotto) è stato nel 2009 il consorzio Gupc (capofila la spagnola Sacyr, con l’italiana Salini Impregilo al 38%) per oltre 3 miliardi di dollari. Nel corso dei lavori sono emersi 1,6 miliardi di dollari di extra-costi dei governi spagnolo e italiano ma rifiutando poi l’offerta di mediazione della Commissione europea. Panama va a nuove elezioni a maggio, Martinelli non è più ricandidabile e lascerebbe una pessima eredità al candidato del suo partito se i lavori per il Canale, la maggiore fonte di ricchezza del Paese, non procedessero a ritmo serrato (ci sono in ballo circa 6 miliardi di dollari all’anno una volta che andrà a regime). Non ha interesse allo stop nemmeno il consorzio. Le paratie delle chiuse realizzate dall’italiana Cimolai sono già pronte. Inoltre sarebbero a rischio circa 10 mila posti di lavoro. Premono per una soluzione anche gli Stati Uniti, i cui porti commerciali così come quelli del Sudamerica, sono pronti ad accogliere i supercargo.
Cos’ha evitato lo stallo? L’Acp avrebbe sbloccato quasi 40 milioni di dollari, mentre proseguono i negoziati – spiega il consorzio in una nota – «per un accordo globale, sulla base del contratto e delle leggi applicabili, che preveda il finanz i a m e n t o necessario al completamento del progetto nel 2015». L’Autorità del Canale starebbe accettando di partecipare per circa il 50% agli extra costi, Zurich rinuncerebbe a un «perfomance bond» da 400 milioni per ottenere così, anche attraverso altre tranche minori, il rifinanziamento dei lavori. Questa parte offerta da Zurich e gli anticipi versati a suo tempo dall’Acp verrebbero ricompresi nel 50% a carico delle imprese. Comunque, bisognerà attendere anche il risultato dell’arbitrato internazionale di Miami. L’ultima puntata è ancora lontana.