Guggenheim e tazzina da caffè, la parentela di due icone
«Era destino che il Futurismo e Lavazza si incontrassero, prima o poi — assicura Francesca Lavazza, direttore Corporate Image dell’azienda nata a Torino nel 1895 — visto che solo quattordici anni dopo la fondazione della Lavazza, un nome che è da sempre sinonimo di caffè, Filippo Tommaso Marinetti, uno dei padri del futurismo, era stato soprannominato Caffeina d’Europa ». Ma non è neppure un caso che sia successo proprio ora e proprio a New York: «La mostra che il Guggenheim dedica al futurismo italiano è la prima panoramica completa mai realizzata fuori del nostro Paese, non ci poteva essere momento migliore per questo incontro, è la prima volta che collaboriamo a progetti così ambiziosi, anche perché l’America potrebbe essere il nostro secondo mercato dopo quello italiano». O come ha dichiarato Antonio Baravalle, amministratore delegato di Lavazza, «la nostra seconda casa».
Un incontro non certo casuale, considerati i precedenti (oltre alla contingenza fisica della sede veneziana del Guggenheim): i calendari Lavazza con tanto di tazzine e caffè firmati (tra gli altri) da Helmut Newton, Annie Leibovitz, Elliott Erwitt; la sponsorizzazione della mostra sul Genio
alla Reggia di Venaria Reale per i 150 anni dell’Unità d’Italia; la collaborazione con il Miart e il Mia di Milano. E soprattutto il progetto realizzato con Steve McCurry: «Dal 2002 documenta con le sue fotografie i volti, le storie, gli interventi realizzati da Lavazza nei diversi Paesi produttori di caffè come Perù, Colombia, Honduras, India, Brasile, Tanzania. Paesi in cui siamo impegnati anche a migliorare le condizioni sociali dei lavoratori, il rispetto per l’ambiente».
Certo l’appuntamento del Guggenheim è «più speciale del solito»: «Meglio parlare di partnership
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più che di sponsorizzazione, un termine troppo freddo e asettico, considerata la maggiore vicinanza anche geografica a Marinetti e al Futurismo» precisa Francesca Lavazza. Che individua nella stessa forma del Guggenheim, progettato nel 1943 da Frank Lloyd Wright e icona senza tempo dall’architettura, un ulteriore segno di affinità: «La tazzina di caffè e il museo, con le dovute differenze, sono entrambi contenitori di cultura».
Le anomalie (positive) della mostra del Guggenheim coinvolgono ancora di più Lavazza (un fatturato 2012 pari a 1.330,7 miliardi): «Una mostra che durerà sei mesi, un impegno importante e una anteprima per altre possibili collaborazioni, ci piacerebbe pensare anche al Guggenheim di Bilbao. E da questo progetto un piano triennale, il prossimo anno potrà arrivare a New York anche una grande mostra dedicata a Alberto Burri». È così che «lo stesso slancio in avanti, lo stesso desiderio di novità e di creatività trasforma i futuristi di Marinetti nei futuri ambasciatori del made in Italy». Sotto il segno di Lavazza e della Caffeina d’Europa.