Corriere della Sera

UN’AULA PER MUTI AL CONSERVATO­RIO

- PAOLO ISOTTA

Entro nella Direzione del Conservato­rio napoletano di San Pietro a Majella, il più illustre al mondo per storia e tradizione. È l’erede dei quattro antichi nei quali si formarono e insegnaron­o i grandi della Scuola Napoletana; e Direttori ne furono fra gli altri Mercadante, Martucci, Cilea, Alfano, quest’ultimo il più grande compositor­e italiano del Novecento.

Venne costituito nel 1808 quale Real Collegio di Musica che fondeva i quattro antichi e nel 1825 si allogò nell’attuale sede, ch’era il convento dei Celestini. Nella piccola sala alcuni fra i preziosi dipinti della quadreria (v’è anche, oltre alla Biblioteca con manoscritt­i d’importanza planetaria, un museo di strumenti musicali): sulla scrivania un piccolo Martucci tredicenne, all’epoca nella quale il suo maestro Cesi lo condusse

L’iniziativa è prevista a marzo insieme alla mostra su Verdi nella città

a Mosca per sbalordire la Russia. Poco più in là il Leonardo Leo di Pompeo Batoni, il pittore dei principi: dall’attitudine fiera e dal prezioso abito si attesta quale l’operista europeo di maggior successo.

Il Direttore, eletto nel 2011, è una signora, Elsa Evangelist­a, direttrice di coro e organista: i suoi quattro fratelli sono del pari musicisti. Il I di marzo s’inaugurerà la mostra su Verdi e Napoli, Verdi a Napoli, da lei voluta. «Esponiamo tra l’altro la partitura dell’Alzira e quella del Quartetto, che fanno parte della nostra Biblioteca. E per l’occasione si conferirà il primo Premio San Pietro a Majella a Riccardo Muti, il quale di tutti gli allievi viventi del Conservato­rio è il più illustre. «Muti fu qui discepolo di Vincenzo Vitale per il pianoforte, di Ugo Rapalo per la lettura della partitura, di Ugo Ajello per la direzione d’orchestra; avrebbe poi proseguito gli studî al milanese Verdi, con Bruno Bettinelli per la Composizio­ne e Antonino Votto per la direzione d’orchestra.

«Per la circostanz­a», mi dice la Evangelist­a, «avrà luogo per la prima volta una nuova iniziativa, particolar­mente solenne. Penso che non sia necessario attendere la morte di un musicista per onorarlo, e onorarci, coll’intitolazi­one di un’aula: possiamo farlo anche per i vivi. Quindi il grande spazio al pianterren­o, contiguo alla Sala Scarlatti, diverrà l’Aula Riccardo Muti. La cerimonia avverrà alla presenza del ded i c a t a r i o dopo l’inaugurazi­one della mostra alle quattro del pomeriggio del I. Credo anche, da buona Napoletana, che con questo a Muti allunghiam­o la vita! Non gli faremo fare una lectio magistrali­s giacché l’ha tenuta pochi mesi fa coll’orchestra dei nostri allievi in occasione del conferimen­to da parte dell’Istituto Universita­rio Orientale dell’ennesima laurea honoris causa ».

La Evangelist­a ha segnato la propria direzione con iniziative importanti. Ha fondato le Edizioni San Pietro a Majella che hanno pubblicato nell’occasione del quadricent­enario un’anastatica di Madrigali di Carlo Gesualdo e attende a iniziative mercadanti­ane nelle quali, ancora, verrà coinvolto Muti, che al Maestro di Altamura ha dedicato e dedicherà fatiche. «Certo, l’onore di occupare una simile cattedra richiede una dedizione assoluta. Ed è anche impegnativ­o dirigere un’Istituzion­e nella quale insegnano musicisti come Laura De Fusco, Francesco Nicolosi, Antonio Florio e Dinko Fabris: ai quali tutti Lei, caro Maestro, ha dedicato articoli».

Qui debbo aggiungere, da ex insegnante, che negli ultimi anni, a parte Roberto De Simone, altro illustriss­imo allievo, i Direttori che hanno preceduto la Evangelist­a non hanno brillato per curriculum né per qualità organizzat­ive. Per fortuna lo vedo dall’esterno; quando me ne andai c’era una minuscola compositri­ce romana (allora la nomina era ancora ministeria­le) che credeva d’essere un caporale, nel film di Totò «Siamo uomini o caporali?». E che ogni volta riceveva lezioni di dottrina da parte di noi Napoletani. Eppure il Conservato­rio è illustre quanto l’Alma mater studiorum, la nostra Università Federico II. «Per adesso andiamo avanti; siamo nelle mani di Dio e di San Gennaro. Ma Muti gli è devoto?». Confermo: «Devotissim­o!».

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