Le piccole vittorie necessarie a Renzi per vincere la sfida dei cento giorni
RIFORME
Matteo Renzi deve recuperare in fretta credibilità con i suoi elettori che sono stati confusi dalla staffetta con Enrico Letta e iniziano a dubitare della sua coerenza. Dopo aver promesso «mai più larghe intese», va al governo con Alfano e senza elezioni. Dice che «non vuole il posto di Letta» e lo manda a casa 15 giorni dopo averlo detto. Renzi ha solo cento giorni, quanto manca alle elezioni europee, per recuperare credibilità e dimostrare velocemente che lui può veramente «fare» qualcosa per la nostra disastrata economia. Ma cosa? i problemi del Paese richiedono riforme profonde che avranno bisogno di anni, non di tre mesi. Lotta all’evasione fiscale, alla corruzione, alla burocrazia, ai tempi biblici della nostra giustizia civile, alla assenza di meritocrazia nella scuola e nella università. Tutte riforme essenziali che dovranno partire subito ma i risultati non si vedranno per un bel po’. Tutti, incluso lo stesso Renzi, parlano di «lavoro», ma se anche il magro aumento di Prodotto interno lordo previsto per il 2014 raddoppiasse, il lavoro non crescerebbe: nel migliore dei casi la disoccupazione aumenterebbe meno del previsto, che non è un risultato entusiasmante. E allora che fare? Una frase celebre nel mondo delle imprese che si apprestano a grandi cambiamenti dice che bisogna «svaligiare qualche stazione di benzina prima di rapinare la banca». Il che significa ottenere dei «piccoli e veloci successi» che però siano coerenti con una strategia più ampia. Renzi ha già dichiarato priorità e scadenze nei primi tre mesi. Riforma elettorale a febbraio, lavoro a marzo, pubblica amministrazione ad aprile, Fisco a maggio. La chiave sarà realizzare delle «piccole vittorie» su queste priorità. Le opportunità ci sono. Lavoro Renzi deve stare attento a due cose. Primo, il contratto unico che ha promesso nel Jobs act è giusto ma non darà risultati a breve; secondo, gli incentivi all’assunzione dei giovani, soprattutto se fatti con pochi soldi, rischiano di essere dati ad aziende che avrebbero assunto comunque o assumeranno per finta, chiudendo una azienda e riaprendola con «nuovi» lavoratori. Il vero problema è come cambiare la competitività dei giovani rispetto all’«usato sicuro» dei lavoratori maturi, con una formazione più efficace di quanto fa oggi la scuola. I giovani italiani hanno enormi difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, il che spiega perché la disoccupazione giovanile è da decenni molto più alta della disoccupazione complessiva. In Paesi come la Germania, la Svizzera, l’Austria c’è un modello di apprendistato di grande successo, che sarebbe ora di importare anche in Italia. La chiave è portare i giovani in azienda per un periodo lungo già durante il corso di studi, in modo che si diplomino avendo appreso non solo le competenze tecniche, ma anche a inserirsi nell’organizzazione, comunicare e lavorare in gruppo. L’apprendistato all’italiana è diverso, inizia molto più tardi, dopo il diploma o la laurea e alla fine diventa solo un modo per ridurre i contributi Inps del neoassunto. L’Enel ha importato in Italia l’apprendistato «alla tedesca», con un progetto che prevede l’assunzione di 150 ragazzi che frequentano le superiori, i quali completeranno gli studi alternando la scuola con la formazione e il lavoro retribuito in azienda. Dopo due anni passeranno dall’apprendistato al lavoro stabile, previa valutazione del merito. Se Renzi approva in fretta i decreti che autorizzano questo nuovo tipo di formazione e dà qualche incentivo in più è possibile che altre aziende seguano questo esperimento, aumentando di molto la preparazione al lavoro dei nostri giovani. Riforma della pubblica amministrazione Renzi si propone di sburocratizzare la pubblica amministrazione, il che è sacrosanto, ma non si può fare in tre mesi: le leggi inutili cancellate un tanto al chilo non hanno portato risultati. L’unico modo di semplificare davvero è modificare le regole con un dialogo costruttivo e informato tra cittadini, imprese e politica. Tagliare la spesa per ridurre le tasse è invece un sicuro successo. Carlo Cottarelli sta lavorando da mesi e ha promesso 16 miliardi dalla spending review in due anni. Prima di lui abbiamo avuto Bondi e Giarda. Non si sono visti grandi tagli. Ebbene, Renzi identifichi un solo miliardo tra quelli «promessi», fattibile da subito e lo apporti a riduzione di tasse, sulla prima busta paga. Sono 50 euro a dipendente, una tantum. Gli altri verranno. Riforma del Fisco Un Fisco non oppressivo è giusto, ma ricordiamoci che in Italia il Fisco opprime soprattutto perché fa pagare troppo a chi paga tutte le tasse e nel frattempo tollera la più alta evasione dopo la Grecia. La lotta all’evasione deve essere quindi la priorità, e anche in questo Renzi deve differenziarsi dai suoi predecessori nell’ottenere risultati visibili in fretta. Nel 2012, con il decreto Monti sull’accesso ai conti correnti, le informazioni del Fisco su spese e patrimoni degli italiani sono arrivate a livelli unici al mondo. Il nostro Fisco dispone oggi di enormi banche dati e una decina di enti di controllo diversi (agenzie fiscali, Guardia di Finanza, Equitalia ecc.). Nonostante questa potenza di fuoco, nell’ultimo anno il recupero dell’evasione appare addirittura peggiorato. Renzi spieghi come intende portare qualche risultato nel 2014, non solo in termini di evasione accertata, ma di incassi. Gran parte di queste azioni dipenderà dal team che Renzi metterà al ministero dell’Economia, che da noi ha poteri come in pochi altri Paesi. I ministri che lo hanno guidato fino ad oggi non solo avevano rapporti con le istituzioni internazionali, ma guidavano in prima persona la macchina del Fisco, del Tesoro e del controllo della spesa pubblica, con un ruolo di viceministri e sottosegretari nel migliore dei casi marginale. Prova ne sia che le spending review sono state affidate ad «esterni» (nel Regno Unito le ha sempre gestite il ministero delle Finanze). Se Renzi vuole integrare efficacemente le banche dati e usarle con successo, riorientare la ragioneria generale a una efficace spending review e rendere più efficiente il ministero, deve aggiungere una dimensione di eccellenza manageriale che oggi manca. Piccole vittorie nella direzione giusta e nuova leadership economica e manageriale, sono queste le leve che Renzi deve usare nei suoi primi cento giorni.
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