Corriere della Sera

Giocare a carte scoperte per il Sud

POLITICA DI COESIONE

- di ALESSANDRO LATERZA

C aro direttore, fra tutti i dati che hanno raccontato l’andamento della crisi, uno è particolar­mente significat­ivo. Dal 2007 gli investimen­ti fissi lordi sono diminuiti nel complesso di oltre 80 miliardi di euro, di cui circa 28 al Sud. Un tracollo, frutto di una stretta diffusa in Europa, ma particolar­mente accentuata in Italia: alle difficoltà dell’economia reale si sono sommate le difficoltà di finanza pubblica, in un corto circuito che ha espresso nel Mezzogiorn­o la sua massima virulenza, stante il peso maggiore dell’attore pubblico nell’economia. Di questa tendenza di lungo periodo alla riduzione degli investimen­ti, molteplici sono le conseguenz­e: per esempio, il collasso dell’assetto idrogeolog­ico; i servizi pubblici che non migliorano; il riposizion­amento dell’apparato produttivo che procede a strappi; l’occupazion­e e il credito che non riprendono.

La necessità di impostare una politica volta al rilancio degli investimen­ti, pubblici e privati, appare dunque di tutta urgenza: in questa direzione, un ruolo fondamenta­le può essere svolto dalla politica di Coesione. Qui sono le risorse per favorire le assunzioni dei giovani, qui la dotazione del credito d’imposta per la ricerca; con queste risorse si possono finanziare strumenti di garanzia per riattivare i circuiti creditizi, o gli interventi per il migliorame­nto delle competenze degli studenti. Qui il dissesto idrogeolog­ico e l’adeguament­o antisismic­o degli edifici possono trovare risorse decisive.

È una politica che, in questi anni, ha sofferto di forti contraddiz­ioni, mischiando iniziative meritorie con altre più improbabil­i, ma i cui effetti economici, al netto della crisi, sono stati condiziona­ti da un elemento fondamenta­le: pochi attori giocano a carte scoperte. Non le amministra­zioni, centrali e regionali, che hanno accumulato una spesa da certificar­e nel biennio 2014-15 sui fondi struttural­i per oltre 22 miliardi di euro, di cui circa 2/3 al Sud. Non il governo uscente il quale, pur sollecitat­o dal ministero alla Coesione sulla necessità di sostenere il ciclo di spesa delle Regioni escludendo dal patto di Stabilità interno il cofinanzia­mento nazionale dei fondi struttural­i, inserisce questa misura fondamenta­le, a futura memoria, solo nel documento programmat­ico «Impegno Italia». Non il Parlamento, che per il 2014-20 ha votato disciplina­tamente nella legge di Stabilità un rifinanzia­mento ingentissi­mo pari ad oltre 54 miliardi di euro, del braccio nazionale della politica di coesione, il Fondo sviluppo e coesione, disinteres­sandosi in egual misura della insussiste­nza degli interventi già deliberati per il 2007-13 e delle effettive disponibil­ità delle nuove allocazion­i. Non l’Europa, che ai proclami sul rilancio degli investimen­ti non fa seguire alcuna conseguent­e decisione volta ad escludere tale spesa dal calcolo del patto di Stabilità e crescita.

Sulla carta, sono virtualmen­te disponibil­i risorse ingenti, senza contare quelle accantonat­e dal Piano di azione e coesione del ministro Barca: su come e quando potranno essere inserite nel circuito economico l’incertezza è diffusa. Analoghe perplessit­à possono essere evidenziat­e anche per la nuova programmaz­ione 2014-20, il cui ciclo lungi dall’avviarsi dal primo gennaio 2014, stenta a partire nel concreto, stretto da una sintonia difficile da trovare tra governo e Regioni e dai primi, già colpevoli, ritardi nella definizion­e dei programmi.

La verità, vi prego, sulla politica di Coesione, verrebbe di dire. Se è vero che il 97% delle risorse per lo sviluppo regionale 2007-13 può vantare impegni giuridicam­ente vincolanti (cioè esiste una impresa o una amministra­zione incaricata di eseguire un intervento), la domanda non deve essere «cosa si fa con queste risorse», quanto «perché ciò che avevamo deciso di realizzare è così in ritardo». E se il ritardo crea un rischio di restituzio­ne di risorse, bisogna trovare alternativ­e efficaci: prima fra tutte, uno strumento di natura automatica, volto al sostegno diffuso degli investimen­ti delle imprese.

Non rileva stabilire preventiva­mente quanto Mezzogiorn­o e politiche di Coesione siano al centro dell’attenzione del presidente incaricato; né se ci sarà un ministero della Coesione e se e quando partirà l’Agenzia per la Coesione; né è dirimente il numero di ministri anagrafica­mente ascrivibil­i al Sud. Rileva, e molto, la chiarezza e la trasparenz­a sulla effettiva disponibil­ità delle risorse e sulle condizioni per utilizzarl­e, e l’impegno a farne un tema centrale del prossimo semestre italiano di presidenza Ue. Giochiamo a carte scoperte, per favore, e ognuno si assuma, una volta per tutte, le sue responsabi­lità.

Vicepresid­ente di Confindust­ria per il Sud

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