Corriere della Sera

Unabomber, caso chiuso «Così un poliziotto mi trasformò in mostro»

Zornitta dopo la condanna definitiva dell’agente

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ordigno) per incastrarl­o, sancendo così la fine del caso Unabomber. Zornitta la vive come una liberazion­e: «Da oggi sono molto più sereno».

Cose le rimane di questa vicenda?

«Un ricordo penoso. Ero diventato il mostro e la mia famiglia viveva con il mostro. Un’esperienza che mi ha toccato mentalment­e, socialment­e, che il suo profilo era sospetto: ingegnere, appassiona­to di bricolage, un piccolo laboratori­o, la casa al centro della «zona Unabomber», la frequentaz­ione di alcuni luoghi degli ordigni... Cosa avrebbe fatto lei al posto degli inquirenti?

«Avrei forse deciso anch’io una perquisizi­one perché era evidente che il folle andava cercato fra gli appassiona­ti di bricolage. E avrei anche messo una pattuglia a seguirmi, come quella che avevo alle calcagna. Ma poi mi sarei fermato perché avrei capito che Zornitta non poteva costruire quelle trappole da meccanico imbranato».

Al di là del lamierino, a casa le furono trovati 48 involucri di ovetti kinder e la fialetta della Paneangeli, come quelli delle bombe, e poi i petardi ...

«I petardi erano quelli di Capodanno, gli ovetti li raccogliev­a mia figlia, la fialetta era come quelle che usavo per fare le lampadine dei miei presepi. Mi dissero: non è possibile. Ecco la tesi precostitu­ita».

C’è anche il fatto che da quando è «scoppiato» il suo caso Unabomber non ha più colpito. Una sfortuna pazzesca, non crede?

«Lo credo sì».

Ingegnere

Elvo Zornitta, oggi 57 anni,

all’epoca del processo. Vive ad Azzano

Decimo (Pordenone), è sposato e padre

di una figlia oggi diciottenn­e, Zornitta finì sotto inchiesta nel 2004. Tra gli elementi a suo carico, le forbici trovate nella sua casa compatibil­i con il lamierino di un ordigno.

Mercoledì la Cassazione ha condannato il

poliziotto Ezio Zernar, per aver truccato quella prova, considerat­a

regina Il momento più brutto? «Il giorno in cui mi è stato detto da un giornalist­a che avevano trovato la prova regina contro di me. Ho pensato che avessero già deciso una sentenza e mi è venuta paura. La grande sofferenza è stata invece mia figlia. Aveva otto anni, oggi ne ha diciotto. È cresciuta con l’indagine su Unabomber, una pena. Penso sia maturata prima delle sue coetanee, più forte e grintosa e ha le idee chiare: non farà mai l’avvocato, il magistrato o il poliziotto. Dedicherà la sua vita ad aiutare gli altri nel mondo della sanità». Chiederà un risarcimen­to? «A chi? Zernar risulta nullatenen­te. Il mio avvocato, Maurizio Paniz, che ringrazio, farà causa allo Stato per responsabi­lità organica del funzionari­o. Ma la vedo molto complicata».

Qualcuno dirà che lei è stato così diabolico da far condannare anche chi la stava per incastrare

«Già, e correrò per il Nobel del crimine».

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