Facciamo troppa retorica sulla scuola digitale E intanto i bambini non sanno più scrivere
consentito nutrire qualche dubbio sulla «scuola 2.0»? Non, ovviamente, sulla necessità che gli istituti scolastici siano forniti di computer e connessioni Internet veloci (cosa che spesso, soprattutto al Sud, non avviene), ma sul fatto che l’insegnamento sia interamente digitalizzato, nei materiali impiegati come nei metodi della didattica. I dubbi sono autorizzati da un esperimento che nel corso dell’anno passato ha interessato due scuole elementari romane. In esse si è dato agli alunni dalla III alla V classe il compito di scrivere ogni giorno poche righe (da 4 a 6) in corsivo; i componimenti sono poi stati analizzati sotto il profilo dei contenuti, della calligrafia, della sintassi ecc.
L’iniziativa partiva dalla constatazione che la generazione dei nativi digitali sta perdendo la capacità di scrivere in corsivo, a favore dell’uso della tastiera o — per chi ancora sa usare quell’oggetto in via di estinzione che è la penna — dello stampatello. Il punto rilevante è, come ha osservato uno dei responsabili del progetto, Benedetto Vertecchi, che alla crescente difficoltà di scrivere a mano e alla parallela diffusione dei mezzi digitali corrispondono «una diminuzione della memoria, della capacità di orientamento spaziale e una meno precisa percezione delle relazioni temporali». Corrispondono, insomma, significative alterazioni nell’apprendimento.
Ben venga allora una dotazione minimamente adeguata delle scuole nel campo degli strumenti digitali. Ma il nostro sistema di istruzione dovrebbe avere anche un compito che nessun altro oggi è in grado di svolgere adeguatamente: preservare non solo abilità a rischio di estinzione come la scrittura a mano, ma le specifiche capacità percettive e di organizzazione del pensiero che a quelle abilità sono connesse. Per fare ciò occorrerebbe però che, al ministero dell’Istruzione o a Palazzo Chigi, si fosse consapevoli del problema e si andasse oltre la facile retorica sulla «scuola 2.0». Su Corriere.it Puoi condividere sui social network le analisi dei nostri editorialisti e commentatori: le trovi su www.corriere.it