Allarme dei notai: sì alla concorrenza, no al far west
Al vertice Maurizio D’Errico, presidente del Consiglio nazionale del notariato dal 2013 Due ashtag: #chirottamalatutela e #chititutela da una settimana sono in testa alla classifica italiana dei tweet più trafficati nella categoria politica. A lanciarli è stato il notariato dopo la divulgazione del disegno di legge sulla concorrenza che rivoluziona le regole della compravendita per gli immobili. Secondo il testo, che dovrà essere ratificato dal Parlamento, le transazioni per gli immobili non destinati all’abitazione e dal valore catastale inferiore ai 100 mila euro potranno essere ratificate anche presso gli avvocati e non più soltanto negli studi notarili. Si tratta di un terremoto che stravolgerebbe il modello italiano di notariato: a rischio ci sarebbe anche l’esistenza dei registri pubblici italiani (che vengono esplicitamente considerati un’eccellenza anche dal doing business della Banca mondiale). Ciò spiega perché il dibattito sia tanto acceso, ma il motivo del contendere rischia di essere poco centrato: giusto allargare il campo degli attori ma non a discapito delle regole. Si può preferire la concorrenza alla sicurezza? Il modello del notariato latino viene guardato (e studiato) con interesse anche dagli Stati Uniti dove la deregulation ha portato il fenomeno dei mutui subprime e la perdita dell’abitazione a quattro milioni di cittadini. La domanda che pongono i notai non è secondaria:esiste concorrenza senza competenza? A chi giova smontare un sistema di regole e tutele? Non avrebbe più senso aumentare ulteriormente la concorrenza tra notai? Aumentandone il numero, ampliandone il territorio di competenza e quindi (di conseguenza) rendendo il mercato più ampio e i costi più abbordabili ma senza rinunciare a tutele e garanzie. Sarà anche per questo che Federconsumatori e Adusbef stavolta non si sono schierati contro i notai.