«Basta vincere». Il distacco del premier Il segretario si è tenuto lontano dalla contesa in cui non è riuscito a imporre un candidato unitario
«In Campania ci interessa vincere, non le polemiche». Nel descrivere la vicenda pasticciata delle primarie del Pd, con due candidati non troppo graditi al partito nazionale e persino al premiero, dopo ben quattro rinvii ed una sequela di polemiche che hanno accostato i contendenti ad una zona grigia di scambio di voti col centrodestra, alla fine, lo stesso Matteo Renzi, ha preso atto che le logiche del partito locale, nella Regione governata da Caldoro, sono più forti delle sue direttive.
Di sicuro, ieri sera, ai piani alti del Pd, e nello staff del premier, ci si accontentava almeno di una cosa: «Primarie ben gestite e regolari, abbiamo risposto bene alle polemiche e abbiamo fatto un buon lavoro». Rispetto alle premesse, alle accuse incrociate, all’accorato appello dello scrittore Roberto Saviano perché gli elettori del Pd boicottassero l’esercizio di democrazia indiretta, è stato comunque un risultato. Non sono le centinaia di migliaia di elettori che andarono a votare anni fa, ma nemmeno si scorgono i casi di sospetti inquinamenti, scambi sottobanco con ambienti del centrodestra, o quei brogli che nel 2011 portarono Pier Luigi Bersani ad annullare le primarie per le Comunali. E che sino a qualche settimana fa, mentre Renzi e il Pd premevano per una candidatura unitaria, cercando invano di convincere i due candidati a fare un passo indietro, annunciavano un possibile cortocircuito, con tanto di conseguenze anche legali, che ieri sera invece appariva scongiurato.
Il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, che ha gestito in presa diretta la vicenda, che più volte si è recato a Napoli per cercare una candidatura che fosse in grado di unire e rafforzare il partito, ieri sera aveva buon gioco nel dire che «alcuni problemi sono stati
Coningigantiti e non li abbiamo creati noi». Guerini guarda già al dopo, al momento in cui bisognerà formare delle alleanze, costruire le liste, mettere in piedi una squadra credibile in grado di battere il centrodestra, in una Regione in cui alla ultime amministrative il Pd ha
le primarie si sceglie il candidato di un partito o di una coalizione che dovrà correre alle elezioni nazionali o locali. In Italia le prime primarie per il candidato premier, volute dall’Unione di Romano Prodi (che le vinse), si tennero il 16 ottobre 2005: andarono a votare più di 4 milioni di persone. Nove mesi prima, il 16 gennaio, si erano tenute in Puglia le primarie, sempre dell’Unione, per il candidato governatore: i primi a battersi a livello locale furono Boccia e Vendola (il vincitore). comunque perso molti Comuni. Il distacco di Renzi, che ha cercato ma non ha trovato un uomo forte, una persona che potesse mettere il silenziatore alle polemiche locali e depotenziare la lotta intestina fra il fedelissimo di Bassolino, Andrea Cozzolino, e il condannato (in primo grado) Vincenzo De Luca, sindaco sospeso di Salerno (la Corte d’appello ha ribadito la decadenza per incompatibilità con la carica di viceministro nel governo Letta), si spiega anche con il metodo seguito in altri casi: lasciare autonomia al livello locale del partito, garantire che lo strumento delle primarie funzioni in modo trasparente e che non danneggi il governo.
Di certo il pasticcio resta: nel Pd c’è persino chi ironizza, come il deputato Guglielmo Vaccaro, altra vittima della lotta fra Cozzolino e De Luca, che «Renzi sarebbe contento se alla fine restasse Caldoro, almeno per la tenuta delle casse pubbliche; la pensa così, ma non lo può dire». Esasperazioni di una vicenda che certamente non è andata come il premier avrebbe voluto e sulla quale tutti sono pronti a ricamare.
Di sicuro, e questo si può dire, al Nazareno alla vigilia speravano che la spuntasse l’ex assessore di Bassolino, che non ha una condanna penale sulle spalle come De Luca, condanna che potrebbe essere confermata. E di sicuro si fa sempre più strada una riflessione sullo strumento delle primarie: Renzi ci ha costruito una carriera politica, ma in alcuni casi funzionano meno che in altri. «Abbiamo già censito 1,2 milioni di elettori», è la soddisfazione di Guerini, in vista di un albo dei votanti che potrebbe essere anche adottato per legge: nel Pd sono quasi tutti d’accordo, negli altri partiti un po’ meno. A Napoli Uno dei seggi allestiti nel capoluogo partenopeo per le primarie del centrosinistra indette per scegliere il candidato alla presidenza della Regione. Più di 600 i seggi in tutta la Campania
I casi
Alla fine del 2013 per il Pd si aprono le assise locali, mentre a livello nazionale si gioca la sfida per la segreteria (che sarà vinta da Renzi). Non mancano le polemiche sul tesseramento gonfiato ed Epifani, allora segretario, sospende le iscrizioni. Denunce di irregolarità dal Piemonte alla Sicilia
Lo scorso settembre alle primarie in EmiliaRomagna, dove vince Bonaccini, si registra una bassa affluenza, dopo un confronto segnato dalle polemiche: ai gazebo 58 mila votanti, un crollo rispetto ai 405 mila delle primarie di dicembre 2013
In Liguria Paita vince le primarie, a gennaio, per le Regionali. Ma c’è chi denuncia accordi con il centrodestra, irregolarità nel voto e code di stranieri ai seggi. Cofferati non riconosce il risultato, poi convalidato dal partito