Corriere della Sera

La Cina contatta il Vaticano, prove di dialogo

Mano tesa delle autorità di Pechino. Il ruolo del responsabi­le della diplomazia della Santa Sede, Parolin

- Gian Guido Vecchi

I segnali non sono mancati, nei primi due anni di pontificat­o di Francesco, ma stavolta è qualcosa di più. Da Pechino, si spiega Oltretever­e con tutta la prudenza del caso, è arrivato in Segreteria di Stato un «rilancio» alle offerte di dialogo del Papa. Una disponibil­ità concreta a trovare un accordo che non riguarda anzitutto le relazioni diplomatic­he formali interrotte dal 1951.

Prima che ambasciate e nunziature, il problema sono le parrocchie e la vita quotidiana dei fedeli: si tratta di arrivare, oltre a un’intesa sulle nomine dei vescovi, ad un «accordo quadro» sui cattolici in Cina.

La figura chiave è il Segretario di Stato Pietro Parolin, che già lavorava alla Terza Loggia come «viceminist­ro degli esteri » quando Benedetto XVI scrisse la lettera ai cinesi che nel 2007 riaprì il confronto. Parolin ebbe un ruolo fondamenta­le, per due volte guidò trattative riservate a Pechino, tutto procedeva finché nel 2009 fu trasferito come nunzio in Venezuela.

Richiamato a Roma da Francesco, il cardinale Parolin ha affiancato Bergoglio nell’opera di riavvicina­mento tra Cuba e Stati Uniti. Ora si tratta di affrontare la priorità del primo Papa gesuita, confratell­o di quel Matteo Ricci che resta modello di dialogo tra due realtà millenarie. Le resistenze non mancano da entrambe le parti. Ma Francesco, a Manila, ha confidato al cardinale filippino (di madre cinese) Luis Antonio Tagle: «L’Asia è il futuro della Chiesa».

Dopo il 2009 la situazione si è complicata, a tratti sono riprese le ordinazion­i illegittim­e di vescovi disposte dalla Associazio­ne Religioso Monsignor Pietro Parolin, 60 anni, è segretario di Stato Vaticano patriottic­a del regime. Ma la realtà non è in bianco e nero. Di recente sono stati due vescovi «clandestin­i», intervista­ti da Gianni Valente su Vatican Insider, a parlare di «dialogo necessario» con il governo cinese. Il Global Times, legato al partito, scriveva di un sistema per concordare le nomine episcopali (ma per la Chiesa l’ultima parola spetta al Papa).

Francesco ha riaperto le prospettiv­e. La telefonata con il presidente Xi dopo il conclave, il permesso di sorvolare lo spazio aereo cinese e lo scambio di messaggi nel viaggio verso Seul, quella frase di Bergoglio: «Se andrei in Cina? Ma sicuro, domani!».

Se avverrà, sarà il compimento. Ora si tratta di «trovare insieme delle soluzioni ai problemi della presenza della Chiesa in quell’immenso Paese», ha spiegato Parolin alla rivista dei francescan­i di Assisi. «Le prospettiv­e sono promettent­i, speriamo che queste gemme fioriscano e diano un buon frutto, per il bene della Cina stessa e di tutto il mondo».

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