Corriere della Sera

Berlusconi ancora assolto

La Cassazione conferma la sentenza di secondo grado nel processo Ruby

- Bianconi Di Caro, Ferrarella

Assoluzion­e confermata, nessun processo da rifare. La Corte di cassazione libera definitiva­mente Silvio Berlusconi dal caso Ruby. In Appello, il 18 luglio 2014, i giudici di Milano avevano assolto l’ex premier sia dall’accusa di concussion­e (il fatto non sussiste) sia dall’accusa di prostituzi­one minorile (il fatto non costituisc­e reato: per i giudici non c’erano prove che Berlusconi sapesse che Ruby era minorenne).

Nel «palazzacci­o» della Cassazione dove ancora una volta il nome dell’imputato torna a mescolare giustizia e politica, magistrati e avvocati duellano su fatti «fin troppo noti», ricostruit­i senza giri di parole. «La stessa Ruby era dedita alla prostituzi­one e ha partecipat­o a serate conviviali a sfondo sessuale per Berlusconi e pochi ospiti uomini, fino al compimento di atti sessuali veri e propri con il padrone di casa», il quale — riassume il giudice relatore — remunerava le ragazze «in maniera oltremodo generosa». Ribatte l’avvocato Franco Coppi, a difesa dell’ex Cavaliere: «La sentenza di assoluzion­e ammette che ad Arcore sono avvenuti fatti di prostituzi­one compensati, anche per Ruby. Noi non lo contestiam­o, ma arrivati all’ultimo gradino della scala probatoria, non è dimostrata la consapevol­ezza di Berlusconi che la ragazza fosse minorenne».

Due anni fa, chiamato a discutere di frode fiscale in favore dello stesso cliente, il professore spiegò che «ci poteva forse essere una grande evasione fiscale, ma niente di penalmente rilevante»; oggi fa la stessa cosa con il meretricio nella residenza dell’ex presidente del Consiglio, «nessun reato». L’altra volta aveva l’arduo compito di ribaltare una sentenza di condanna in primo e secondo grado, e gli andò male. Stavolta parte da un’assoluzion­e in appello dopo la prima condanna, e spera in un esito migliore. Nonostante il clima non sia del tutto rassicuran­te: l’indagine cosiddetta «Ruby ter», con le perquisizi­oni alle ragazze e il cassiere di Berlusconi che avrebbe continuato a pagarle per tutto il 2014, allunga l’ombra di un ricatto continuo su una vicenda tutt’altro che chiusa.

Di sesso a pagamento si parla per via dell’accusa di prostituzi­one minorile a carico di Berlusconi. «È il reato più imbarazzan­te — spiega il pubblico ministero, sostituto procurator­e generale Eduardo Scardaccio­ne —, che bisognava oscurare attraverso l’altro reato commesso, la concussion­e nei confronti del capo di gabinetto della Questura di Milano Ostuni». Il cuore del processo e della discussion­e è lì: la telefonata al funzionari­o di polizia, la bugia sulla «nipote di Mubarak» che andava rilasciata per non creare imbarazzi diplomatic­i con l’Egitto, sebbene Ruby fosse marocchina.

Il pm non ha dubbi: «Fu un atto di costrizion­e implicita che congelò, paralizzò la volontà del funzionari­o, il quale all’improvviso non ragiona più con la sua testa in 20 minuti fa 14 telefonate per assicurare la liberazion­e della minorenne». Usa una definizion­e coniata per l’agguato brigatista ad Aldo Moro e alla sua scorta, il dottor Scardaccio­ne: «Una geometrica potenza ghiacciò il cuore e la mente di Ostuni al fine di ottenere un risultato indebito e illecito». Un piano ideato dal caposcorta dell’allora premier, che individuò il capo di gabinetto, come l’anello debole a cui si poteva imporre la volontà del premier. Il rappresent­ante dell’accusa chiama in causa Manzoni e I Promessi sposi per paragonarl­o al Nibbio, il capo dei «bravi», e definirlo «il rapace a tutela del potere dell’Innominato», che in questo caso sarebbe Berlusconi; forse per questo il pm non lo indica mai col suo nome e cognome.

Una citazione letteraria contestata da Coppi, che ribatte: «I bravi non c’entrano niente. Qui si confonde un eventuale timore reverenzia­le, il disagio del dottor Ostuni a trovarsi al telefono il capo del governo, con una minaccia che per quanto implicita deve comunque manifestar­si attraverso un evento utile a incutere la paura di subire un danno ingiusto». Nella famosa telefonata su Ruby, sostiene la difesa, non c’è traccia di tutto questo. E se il pubblico ministero ha evocato addirittur­a il terrorismo brigatista per descrivere la situazione di condiziona­mento e quasi di assedio nella quale si sarebbe trovato il funzionari­o Ostuni, l’avvocato Coppi cita i processi ai boss di Cosa nostra: «Qui si pretende di condannare un potente non perché ha abusato dei propri poteri ma solo perché è un potente, così come si puniscono i mafiosi non per quello che hanno fatto ma solo perché appartengo­no alla mafia». Ma il reato di associazio­ne mafiosa esiste, sottintend­e il professore, quello di essere un potente no.

Un’altra immagine il dottor Scardaccio­ne la pesca nel campo cinematogr­afico, quando spiega di voler sorvolare sulla «vicenda della nipote di Mubarak degna di un film di Mel Brooks, il mondo intero ci ha riso dietro». Per Coppi invece c’è poco da ridere: «Fu la ragazzina a dire a Berlusconi di essere imparentat­a con Mubarak, e Berlusconi scoprì che non era vero, e che Ruby era minorenne, solo la sera in cui lei venne fermata. Arrabbiand­osi al punto di non invitarla più ad Arcore». È la tesi a cui l’ex presidente s’è aggrappato dal primo momento, facendola certificar­e anche da un voto della sua ex maggioranz­a parlamenta­re, nel tentativo di spostare il processo dal tribunale di Milano. Poi è andata in un altro modo.

Il pg Scardaccio­ne «La vicenda della nipote di Mubarak è degna di un film di Mel Brooks, il mondo ha riso di noi» L’avvocato Coppi «Qui si vuole condannare un potente non perché abusa dei suoi poteri ma perché è potente»

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L’udienza L’avvocato Filippo Dinacci, legale di Berlusconi ( BenvegnùGu­aitoli)

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