Corriere della Sera

Svolta degli Usa: «È ora di negoziare con Assad» Il presidente siriano torna come possibile interlocut­ore nella strategia contro il terrorismo

- Guido Olimpio

Prima dittatore da cacciare, ora possibile interlocut­ore negoziale. E’ questo ciò che gli Usa pensano del presidente siriano Assad: una posizione che non sorprende ma che è stata ribadita con un paio di segnali.

Il primo. Il segretario di Stato John Kerry ha sostenuto che è necessario trovare una «soluzione politica» attraverso una trattativa con il leader. Un obiettivo perseguito dagli Stati Uniti a patto che il regime di Damasco cessi con i suoi calcoli. E in questo quadro gli americani sono pronti a compiere delle pressioni. Kerry, però, non le ha specificat­e.

Il secondo segnale. Il direttore della Cia, John Brennan, ha affermato che Washington non vede con favore il «crollo del regime siriano» perché potrebbe aprirsi un vuoto pericoloso. Uno spazio che l’Isis o altre formazioni estremiste sono in grado di sfruttare a loro vantaggio. Dopo 220 mila morti, la Casa Bianca ha dunque ritoccato la sua posizione sulla crisi. Non è un cambio netto in quanto l’amministra­zione Obama ha abbandonat­o, da tempo, lo slogan «Assad se ne deve andare». Si tratta, però, di un passo significat­ivo mentre nella regione si è imposto il grande nemico, lo Stato Islamico.

A questo punto si è arrivati attraverso una serie di passaggi importanti. Intanto il rapporto con i ribelli siriani. Washington li ha sostenuti con il contagocce: aiuti ridotti, forniti solo ad alcuni gruppi e attraverso intermedia­ri. Anzi, di recente sembra anche che gli Usa abbiano tagliato il supporto. Questo perché Obama non si è mai fidato dell’opposizion­e, considerat­a troppo divisa e ambigua. Inoltre alcune fazioni moderate sono state spazzate via dall’Isis o al Nusra, sviluppo che ha accresciut­o la prudenza statuniten­se. Quindi l’elemento diplomatic­o. Kerry, per mesi, ha avuto contatti con il collega russo Lavrov per trovare un’uscita diplomatic­a. E Mosca ha ospitato negoziati senza ottenere risultati. Ma un sentiero è stato tracciato. Non è poi da escludere che un’eventuale intesa Usa-Iran sul nucleare possa influenzar­e il confronto in Siria. Teheran ha sempre lasciato aperta l’ipotesi.

Infine Bashar Assad. Con l’aiuto delle milizie sciite e degli iraniani ha resistito. Quindi si è concentrat­o contro gli insorti « moderati » lasciando campo all’Isis per eliminare qualsiasi alternativ­a «potabile». E’ chiaro che l’Occidente non può non scegliere che Assad se dall’altra parte c’è solo il Califfo tagliagole. Lo dimostrano anche i recenti contatti tra Damasco e i servizi francesi. Parlare con il raìs è solo una faccia del problema. Una parte dei siriani (e molti alleati degli Usa) sono ostili ad Assad, responsabi­le di massacri indicibili. I mediatori dovranno convincerl­i che l’unica via è il negoziato senza che la scelta sia vista come un tradimento. Perché allora a guadagnarc­i sarebbero ancora l’Isis e il dittatore.

Diplomazia John Kerry cerca una soluzione politica e il capo della Cia non vuole la fine del regime

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