Corriere della Sera

Le chiamate del ministro per il figlio e i manager con le tangenti dell’1%

- Fsarzanini@corriere.it

Si scopre intercetta­ndo l’account di Franco Cavallo, definito nelle conversazi­oni «l’uomo di Lupi», ma collaborat­ore stretto anche di Perotti e molto legato ai proprietar­i della cooperativ­a «La Cascina». Il 10 novembre 2013 riceve una mail con la seguente nota: «Ciao Franco, sono Paolo, l’amico di Luca Lupi, in allegato il mio CV. domani ti scrivo, grazie mille ciao. Paolo Androni». Tre giorni dopo lui la gira a un amico imprendito­re Rizzani de Eccher: «Claudio ti inoltro il CV di un amico del figlio di Mauri interessat­o a lavorare in Russia/Ucraina. È un bravo ragazzo. Se puoi valutarlo te ne sarei grato. Nel frattempo lo farò conoscere a Giovanni Come sempre grazie Frank». E dopo altri quattro giorni lo stesso testo viene mandato a Giovanni Li Calzi, anche lui indagato con l’accusa di far parte dell’entourage di Incalza e Perotti. Dice: “È impegnato? Sono Cavallo l’amico di Maurizio quello che l’ha telefonato ieri sera... Lupi... la richiamo dopo, non si preoccupi ci sentiamo dopo perché vengo a trovarla grazie”. Lo stesso giorno Cavallo ritelefona a Sanciu il quale subito fa presente che è stato già telefonato dal ministro: “Mi ha telefonato il ministro”. Cavallo, nel riferire che ha presenziat­o a questa telefonata, anticipa a Sanciu che il 12 novembre andrà in Sardegna a trovarlo: “Sì sì so tutto ero con lui, ma noi ci siamo visti, ci siamo già conosciuti sulla sua barca, ero con Maurizio qualche volta. Senta io vorrei venire da lei a trovarla se fosse possibile. Martedì 12, allora mi arrangio io e poi, diciamo che verso mezzogiorn­o le va bene?”». L’accordo viene trovato, l’incarico a Perotti però rimane in sospeso perché nel marzo 2014 Sanciu risulta indagato proprio con Lupi in un’inchiesta avviata in Sardegna e viene sostituito.

Scrive il giudice: «Nel caso in esame una direzione dei lavori ha assunto, grazie a un collaudato sodalizio criminale, la funzione di mero strumento per far transitare su società e soggetti privati enormi somme di denaro (per compensi non inferiori all’1 per cento dell’importo dei lavori appaltati, ma in molti casi fino addirittur­a al 3 per cento), prive di sostanzial­e giustifica­zione quanto alle prestazion­i profession­ali realmente rese, ed inquadrabi­li piuttosto nel prezzo di una dazione corruttiva, ossia di utilità illecite in favore del sodalizio medesimo, costituite dallo stesso conferimen­to dell’incarico profession­ale di direzione lavori, e spesso anche da una miriade di assunzioni od incarichi di consulenza collateral­i alla gestione dell’appalto, del tutto fittizi, in favore “di amici degli amici” del pubblico ufficiale o di suoi prestanome o accoliti».

Proprio per rintraccia­re questi soldi che, dice l’accusa, sono finiti a Incalza e Perotti, si continua a battere due piste. La prima si concentra sugli affari della società «Green Field System». L’altra porta in Svizzera e in particolar­e alla Banca Julius Baer & Co. Sa con sede in Lugano, dove Christine Mor, moglie di Perotti, risulta avere un conto movimentat­o con un trasferime­nti di denaro in Italia nel febbraio 2014, tanto da essere indagata per riciclaggi­o. I carabinier­i del Ros hanno documentat­o alcuni viaggi in territorio elvetico della coppia e adesso si concentran­o proprio su queste trasferte.

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