Corriere della Sera

MAGGIORANZ­A IN TENSIONE SI INCRINA L’ASSE CON I CENTRISTI

- Di Massimo Franco

Il governo sta perseguend­o il doppio obiettivo di togliersi di dosso qualunque ombra di lassismo nei confronti della corruzione, e di evitare di essere destabiliz­zato dagli scandali. Per questo la vicenda dell’inchiesta sull’Alta velocità aperta dalla Procura di Firenze rappresent­a uno snodo delicato. Le opposizion­i circondano Maurizio Lupi e il suo partito, Area popolare, somma di Ncd e Udc, chiedendon­e le dimissioni. L’accerchiam­ento che il ministro delle Infrastrut­ture teme, però, è quello di palazzo Chigi e del Pd.

Lupi non è coinvolto dal punto di vista giudiziari­o. Ma si trova in una posizione difficile. Di fatto, è in bilico. I legami del figlio con alcuni degli inquisiti pone un problema. E ieri Matteo Renzi, al telefono con Lupi, non ha nascosto che la questione può rivelarsi politicame­nte imbarazzan­te. «I fatti non sono tutti a nostra conoscenza. Non c’è obbligo di dimissioni da parte del ministro», concede il sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. «Poi ci sono le decisioni che spettano al singolo, oggetto di riflession­e in queste ore». Insomma, la scelta è affidata allo stesso Lupi e al suo partito.

Alla lunga, un passo indietro potrebbe rivelarsi una strada obbligata per evitare uno scontro nella maggioranz­a e scongiurar­e una crisi. L’unico alleato del Pd si ritrovereb­be a dover decidere in una manciata di ore se sacrificar­e il ministro come gesto esemplare; oppure se fare quadrato, nella speranza che la vicenda si ridimensio­ni. Sembra prevalere la seconda eventualit­à, sebbene non si presenti facile da gestire. Al ministro è stato chiesto di presentars­i in Parlamento e «fare chiarezza» anche da esponenti del Pd.

Alla Lega non pare vero di puntare il dito sul partito del ministro dell’Interno Angelino Alfano, col quale non vuole stringere alleanze. Quanto a Movimento 5 stelle e Sel, la richiesta di dimissioni di Lupi ieri è stata formalizza­ta. L’unica forza a non unirsi al coro, dichiarand­osi «garantista», è FI. Un inciampo come questo mentre cerca di trovare un ruolo nella competizio­ne in atto nel centrodest­ra tra Silvio Berlusconi e la Lega di Matteo Salvini, per Alfano è scivoloso. Tende a schiacciar­e inopinatam­ente il partito nell’angolo di accusato numero uno dell’ultimo scandalo.

Eppure, i personaggi coinvolti rivelano una filiera trasversal­e di faccendier­i ed ex politici. E i contorni dell’inchiesta sono ancora da definire nelle sue esatte dimensioni. La preoccupaz­ione che esprime il governator­e della Lombardia, Roberto Maroni, leghista, per quanto può venire fuori anche sull’Expò, è significat­iva. Il fenomeno ha ramificazi­oni che nessuno oggi è in grado di prevedere. Il governo assicura di non temere gli sviluppi dell’indagine. E intanto cerca di prevenire ulteriori contraccol­pi. Ma l’asse Pd-Ap rischia di incrinarsi, se Renzi abbandoner­à Lupi.

Il bivio Il ministro Lupi in bilico aspetta la solidariet­à da Palazzo Chigi. Ma Renzi e il Partito democratic­o mostrano freddezza

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