Corriere della Sera

La scelta di Nadia, top gun in cella «Meglio morta che schiava di Putin»

- Francesco Battistini

dal nostro inviato

Non muore di fame perché vive di rabbia. «Io sono nata libera, non posso stare qui dentro!». Quando le lasciano vedere qualcuno e parlare è faticoso, 81 giorni di sciopero della fame e 25 chili persi non sono uno scherzo, Nadia Savchenko non ha neanche il permesso di dirlo in ucraino: nelle prigioni di Putin è obbligator­io usare il russo. L’ultima volta ha appoggiato una mano sulla barriera di plexiglass, come giurasse. E alzato la voce, così la sentivano bene anche in russo: «Per me è più facile morire a Kiev che vivere a Mosca!». Vira, la sorella più giovane, ha cercato di distrarla: «Le avevo portato il suo shampoo, un flacone piccolo, per dirle che non gliene servirà tanto e che uscirà presto…». Ma lei niente, l’ha interrotta: «Me lo sono promesso! Continuo a fare lo sciopero della fame finché non torno a casa! O fino al mio ultimo giorno in questa cella!». Vira la conosce bene e ha paura: «Io lo so che la mia Nadezhda andrà fino in fondo…».

Je suis Nadia. Prima della Crimea perduta o del Donbass conteso, c’è una soldatessa da salvare che il governo ucraino ha trasformat­o nel simbolo d’una resistenza collettiva. L’unica pilota donna dell’aviazione militare. Nove mesi fa, i filorussi l’hanno catturata a Luhansk e portata di nascosto a Mosca, per consegnarl­a a chi sapeva che farne: rinchiuder­la nel manicomio di Matrosskay­a, dove già fu ammazzato di botte l’oppositore Magnitsky; ridicolizz­arla, offrendole asilo politico; infine processarl­a per crimini di guerra, minacciand­ola di vent’anni di galera. «Putin credeva di fare il solito teatrino staliniano e dimostrare che gli ucraini mangiano i bambini — dice Vira —, invece ha trovato quella sbagliata». Di mangiare, la pilota ha smesso proprio: solo un tè per il Natale ortodosso, poi più nulla. S’alimenta con glucosio e aminoacidi. «E’ ancora lucida – spiega il neurologo Andriy Strokan, uno dei tre medici ucraini ammessi a visitarla -. Aveva interrotto lo sciopero della fame, ma ora l’ha ripreso. Vuole arrivare così all’udienza di maggio. E’ già al punto di non ritorno, da anoressica estrema: perde mezzo chilo ogni due giorni. Una crisi cardiaca o danni intestinal­i possono avere effetti catastrofi­ci». «E’ solo propaganda, ha un peso normalissi­mo – gli risponde Anton Tsuetkov, ombudsman del governo russo -: è pieno il mondo di donne che smettono di mangiare per stare un po’ a Ieri e oggi Nadia Savchenko, 33 anni, pilota ucraina, in un tribunale di Mosca qualche giorno fa. Sta conducendo un durissimo sciopero della fame. A sinistra, nel giugno scorso, quando fu catturata dai filorussi dieta!…».

«Figlia di Satana», la chiama la stampa di Mosca. O «macchina della morte». L’accusano d’avere fornito le coordinate per ammazzare a colpi di mortaio due giornalist­i russi. «Sono stanca delle vostre bugie, io quel giorno non stavo volando, mi avete letteralme­nte rapita», protesta la pilota, ormai eroina d’apertura dei tg di Kiev. E’ stata eletta alla Rada col partito di Yulia Tymoschenk­o («All’inizio ero perplessa, perché Yulia ha fatto affari col Cremlino, ma poi ho detto ok»), i suoi colleghi deputati s’appellano alla Convenzion­e di Ginevra e vanno in aula con la maglietta «free Nadia», per lei s’è mosso il Parlamento europeo e il presidente Poroshenko ha chiesto d’intervenir­e anche a Hollande e a Renzi, quando sono passati di qui. «La gente — racconta la sorella — mi ferma per strada coi cesti di cibo da mandarle». Figlia d’un ingegnere e d’una sarta, per la prigionier­a era pronto un futuro da stilista: «Si sa che il 90% delle ragazze vuole sposarsi. Lei era diversa anche dal restante 10%. A sedici anni le piacevano solo le moto. Poi è passata agli aerei». Per entrare in accademia, allora solo maschile, vinse una causa e diventò radioteleg­rafista, parà, tiratrice scelta. Nel 2005 era in Iraq: «Una volta, i peacekeepe­r ucraini saltarono sulle mine. Nessuno voleva recuperare i corpi, vomitavano tutti dalla paura. Ci andò lei. E li raccolse pezzo per pezzo».

La top gun tutta d’un pezzo ha vacillato una volta sola: in febbraio, quando nel parlatorio di Mosca è comparsa sua madre. Che è dovuta arrivare a 77 anni, una figlia che ne ha 34 e sa bombardare coi Su-24, per parlarle come a una bambina: «Mangia, Nadezhda! Ti supplico, mangia!». Nadia ha finto d’obbedire. Poi ha fatto di testa sua, come sempre. La prossima settimana, mamma Maria andrà a Berlino: chissà che non ci riesca la Cancellier­a a liberare Nadia, se non dalla gabbia che l’imprigiona, dalla rabbia che può perderla.

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