«Così libero dal velo le iraniane come me» Masih Alinejad, la giornalista che ha lanciato la campagna contro l’obbligo di coprirsi il capo «Sono cresciuta senza poter andare in bicicletta. Nel mio Paese le donne non possono scegliere»
Autori che avevano fomentato il dissenso al tempo dello scià, facevano parte della letteratura underground che non piaceva alle autorità. Siamo stati arrestati nel 1994, mentre distribuivamo dei volantini. Eravamo in tredici. Sono stata rilasciata perché incinta, mio marito e mio fratello sono rimasti in carcere».
Dopo la prigione, il trasloco a Teheran. Come ottiene il permesso della famiglia?
«Sono stati tempi duri. Non avevo soldi. Volevo leggere e allora rubavo i libri. Mi sono trasferita nella capitale con mio marito, che avevo sposato proprio perché più aperto rispetto ai miei genitori. Un poeta, mi ha sempre aiutata e mi ha aperto tante porte. Anche se poi si innamora di una mia amica, la sposa e mi lascia. È stato un periodo terribile».
Oltre all’ex marito, quali altri familiari l’hanno sostenuta nella sua battaglia?
« Mio fratello Ali. Fin da bambino ha fatto in modo che potessi andare anch’io in bicicletta. Lo accompagnavo al ruscello e lo guardavo nuotare».
Come riesce a farsi assumere dal quotidiano riformista «Hambasteghì»?
«È il 2001, presidente della Repubblica islamica è il moderato Mohammad Khatami. Vado al giornale accompagnata da mio fratello, il capo redattore
Diritti
Alcune delle centinaia di foto postate sulla pagina Facebook della campagna lanciata da Masih Alinejad. La giornalista ha lasciato l’Iran mi chiede se sono laureata e sono in grado di tradurre dall’inglese. Ad entrambe le domande rispondo di no, so scrivere ma non è un requisito sufficiente. Me ne vado, la coda tra le gambe. Il giorno dopo torno, insisto, chiedo di iniziare il praticantato. Mi viene data una possibilità. A capo della redazione politica c’è una donna. Approfittando della sua assenza, un mattino frugo tra le sue cose e trovo un’agenda con i numeri di telefono dei deputati. Ne intervisto un paio, i miei articoli finiscono in prima pagina. Quando il capo mi chiede come ho fatto, ammetto di averle rubato l’agenda. È una donna in gamba: non si arrabbia e mi dà l’incarico di seguire i lavori del Parlamento».
Com’è l’esperienza di reporter in Parlamento?
«Nel 2005 scrivo un’inchiesta sulla corruzione dei deputati e ci rimetto il posto. Passo alla redazione di Etemad Melli, il giornale di Mehdi Karrubi (che nel 2009 diventerà un leader del movimento verde di opposizione, ndr). A fine anni Novanta è uno dei pochi deputati a sostenere i giornalisti. Mi dà una rubrica per scrivere di politica, un tema simile al meteo in Inghilterra: non sai mai se ci azzecchi».