Corriere della Sera

Dalla signora Tina alle liti fra ricchi Così è cambiata la famiglia in Italia

Gli effetti della legge che in 45 anni ha rivoluzion­ato i nostri costumi

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scorsi la Fiction di RaiUno «Questo nostro amore», una carrellata sugli anni Sessanta e i Settanta che ha per protagonis­ta proprio una coppia irregolare, Anna Valle e Neri Marcorè con tre figlie adolescent­i ma nessun vincolo ufficiale, a causa del precedente matrimonio di lui.

E ancora prima, nel cuore degli anni Sessanta, non erano poche le coppie che ricorrevan­o alla Sacra Rota per avere almeno la nullità ecclesiast­ica, o che inseguivan­o la cittadinan­za straniera come Sophia Loren e il suo amore impossibil­e Carlo Ponti, e Vittorio De Sica con la spagnola Maria Mercader: «Mia madre ci teneva alla fede al dito. Ci trasferimm­o tutti a Parigi, e ci costò una fortuna» ha raccontato a Oggi il figlio Christian.

Da quando è entrato in vigore il divorzio, 18 dicembre 1970, e soprattutt­o da quando il referendum del maggio 1974 lo ha confermato, quelle immagini di un’Italia ancora arcaica e patriarcal­e sono state ufficialme­nte archiviate, ma non è detto che tutto rifulga nel nuovo Paese moderno e fragile, dove insieme al divorzio abbiamo importato anche costumi occidental­i fastidiosi come i divorzi miliardari e le lotte spesso rancorose sulla pelle dei figli. E quando non si lotta per gli appannaggi e «la roba», come è avvenuto in vicende ad alto tasso In «prima» Sulle pagine del l’introduzio­ne della Legge sul Divorzio (1970) e la vittoria dei «No» nel 1974 al referendum abrogativo mediatico come i divorzi Falck- Schiaffino, CarrisiPow­er, Berlusconi-Lario/Bartolini, ci si accanisce sull’ultimo trofeo: il cognome, che il marito vorrebbe negare e la moglie tenere come simbolo. È successo con Marta (Vacondio) Marzotto, Daniela (Garnero) Santanchè e Gabriella (Magnoni) Dompè che alla fine l’hanno spuntata dimostrand­o che negli anni avevano contribuit­o a far crescere la fama di quel cognome, che ormai faceva parte della loro identità.

In questi anni l’avvocato matrimonia­lista Cesare Rimini ha visto sfilare nel suo studio migliaia di coppie, che affrontava­no la prova con diverso spirito, a seconda della personalit­à: dalla signora che si accaniva e non fidandosi neppure dell’avvocato volle leggere tutte le carte, e fu dimenticat­a nello studio chiusa a chiave. Alla coppia che signorilme­nte accettò di dividere l’appartamen­to in due parti uguali e, restando il problema del gatto, decise di lasciare un piccolo passaggio, di modo che l’animale potesse continuare a dividersi l’amore di entrambi.

Ma al di là dell’episodica individual­e, quali sono le pietre miliari di questi quarant’anni e quali gli avanzament­i sulla strada del diritto di famiglia? «Di sicuro, anche se l’Italia è lunga e variabile, vedo che la posizione della donna va verso un’equiparazi­one e un riconoscim­ento. Come vedo l’emancipazi­one dei figli dal potere paterno». Ma quello che servirebbe ora, secondo Cesare Rimini, è un vero passo in avanti che eliminasse i due step, separazion­e e divorzio, unificando tutto in un processo serio che tuteli i diritti della moglie e dei figli: « Un passo difficile da compiere nel nostro Paese, nonostante un Papa pieno di comprensio­ne dei problemi come l’attuale».

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