GLI ERRORI DIPLOMATICI SULLA VICENDA DEI MARÒ CHE METTONO IN CRISI I RAPPORTI EUROPA-INDIA
Nuovo guaio nella vicenda dei due marò. Il primo ministro indiano Narendra Modi ha cancellato un summit tra l’India e la Ue che egli stesso aveva suggerito di tenere a Bruxelles in aprile. La ragione è che la Ue non ha risposto alla sua proposta, avanzata un paio di mesi fa: in quanto — ha sostenuto un funzionario del governo di Delhi — «la Ue ha posto una questione bilaterale sopra un impegno multilaterale». La questione bilaterale sarebbe appunto quella di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, secondo i media indiani. Non è detto che sia proprio così. Però, Geoffrey Van Orden, il capo di una delegazione di parlamentari europei in visita a Delhi, ha detto alla televisione Ndtv di essere molto deluso «per un problema bilaterale che non avrebbe dovuto essere sollevato al livello di confronto tra l’Europa e l’India». La sua vice, la parlamentare europea Nina Gill, ha sostenuto che «mai prima una questione bilaterale ha giocato un ruolo a livello di Ue in questo modo», ma ha anche sostenuto di non sapere se il motivo della non risposta europea stia nel contenzioso sul caso marò o nel semplice fatto che a capo della diplomazia europea ci sia un’italiana, Federica Mogherini, molto impegnata sulla vicenda dei due fucilieri. I media indiani, infatti, arrivano a sostenere che sia stata l’opposizione della Mogherini a bloccare la risposta a Modi. Come che sia, il problema è che l’Italia ha fatto del caso marò una questione tra Ue e India, fino a minacciare il blocco di negoziati commerciali, e in questo Mogherini ha una parte di responsabilità. Si sono ribaltati su Bruxelles tre anni di fallimenti e di impotenze dei governi italiani. Internazionalizzare il caso significava portarlo nei tribunali internazionali, non cercare di farlo diventare un caso multilaterale: non lo è. «Non è una questione che dovrebbe intromettersi nella relazione complessiva tra Ue e India», ha commentato Van Orden.
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IL FUTURO DELLA RAPPRESENTANZA
a presa di posizione pubblica a favore della famiglia tradizionale da parte di Dolce e Gabbana ha suscitato la reazione veemente di Elton John, il quale non solo ha accusato i due stilisti di essere «arcaici», ma ha anche lanciato una campagna di boicottaggio del loro lavoro.
Di fronte a tanta reattività (già vista in altre occasioni) viene da chiedersi: tutto ciò che si può tecnicamente fare è di per sé legittimo? È illiberale interrogarsi sulle pratiche che la tecnica rende possibili? È ancora ammissibile porre domande sulla realtà di tipo non semplicemente tecnico?
In realtà, dietro il battibecco tra star vi è la questione serissima che nasce dalla «doppia sconnessione» che, in anni recenti, ha progressivamente messo in discussione i presupposti stessi della famiglia tradizionale. Se, con l’introduzione della pillola, è stato tecnicamente separato l’atto sessuale dalla riproduzione, con la fecondazione assistita la riproduzione è stata disgiunta dalla sessualità.
È per via di questa doppia sconnessione che la famiglia — per secoli la cellula sociale a cui era affidato il compito di gestire la complessa relazione tra i sessi e tra le generazioni — oggi è così traballante. Non si tratta, quindi, solo di un cambiamento dei costumi; in campo c’è l’ipotesi di una società che si organizza prescindendo dalla famiglia (che ha il torto di avere un carico relazionale incompatibile con un modello di vita programmaticamente basato sull’estensione illimitata della libertà di scelta individuale).
Se gli avanzamenti tecnici non possono essere né ignorati né disprezzati, al tempo stesso non possono essere assunti acriticamente. Ne va della nostra libertà e del nostro futuro.