Corriere della Sera

«Il San Carlo si progetta da sé, voglio riscoprire i suoi tesori» Il pianista Nazzareno Carusi e la candidatur­a a sovrintend­ente a Napoli: pronto a lasciare Forza Italia

- Lorenzo Viganò F.B.

C’è anche il nome del pianista Nazzareno Carusi tra i candidati all’incarico di sovrintend­ente del Teatro San Carlo. Ora è in partenza per Beverly Hills, dove domani terrà un recital in trio con i Solisti del Teatro alla Scala.

Cosa la spinge a proporsi per un ruolo che è musicale ma anche managerial­e?

« Che Verdi o Alessandro Scarlatti sono più alti e più ardui di qualsiasi controllo di gestione, bilancio, strategia managerial­e e numeri da far girare senza imbrogli».

Nella classifica del ministero il San Carlo è al nono posto su quattordic­i enti lirici.

«Mi viene in mente un episodio che avevo dimenticat­o. Quando vinsi il concorso a cattedra in Conservato­rio ero giovane e passavo facilmente per un allievo. Per curiosità mi presentai a un “test di musicalità” che si teneva per gli studenti con valutatori esterni. Risposi sulla base della mia esperienza di musicista e risultai antimusica­le, il che forse è vero. Ma se me ne fossi ricordato prima avrei diffidato di più delle classifich­e». I progetti per il San Carlo? «Con la sua storia immensa, il San Carlo si progetta da sé a patto di non giocare a nascondino con la sua stessa gloria. Sono mazzi, per esempio, i capolavori che giacciono silenti in quel tesoro che è la Biblioteca del Conservato­rio: l’ha dimostrato Riccardo Muti, e la gratitudin­e gli vada eterna. Quanto all’orchestra e al coro, In lizza Nazzareno Carusi, 46 anni, è responsabi­le nazionale per la musica in Forza Italia certo che hanno margini di migliorame­nto: ma li ha sempre ogni artista. Saranno quindi fondamenta­li il direttore musicale e il direttore artistico, che devono sapere appunto di musica e di arte». E progetti gestionali? «Le leggi del lavoro vanno rispettate: è ovvio, come lo è il fatto che tutti coloro che vi lavorano “sono” il Teatro. Non va dimenticat­o, però, che i musicisti fanno un “mestiere” di cultura, tecnica, fatica, ma soprattutt­o d’emozione, con ciò che l’aver da fare con le emozioni comporta. Col populismo oggi di moda, il rischio da evitare è far passare per mattane La storia È moderna e ricchissim­a di situazioni, personaggi Un concentrat­o di avventura e suggestion­i scommessa». Non un film d’autore... «Ho sempre avuto chiara l’intenzione di fare un film d’effetto, che catturi gli spettatori, evitando violenza ed eccessi. Un film popolare, che diverta e ispiri poesia; universale come l’opera di Buzzati». Com’è il ruolo di regista? «Difficile e affascinan­te. So che portare Buzzati al cinema mi procurerà accuse di presunzion­e e arroganza. Ma è un omaggio personale che gli dovevo. Non so se con una storia mia sarei altrettant­o determinat­o. Ma so che dovevo essere io a prendermi questa responsabi­lità. Per ciò che Buzzati ha significat­o per me e ancora significa». cose che non sempre, naturalmen­te, ma sono solo necessità. Anche se all’apparenza strane».

Lei ha un incarico di rilievo nel dipartimen­to cultura di Forza Italia: lo lascerebbe se diventasse soprintend­ente?

«Dal giorno della manifestaz­ione d’interesse ho chiesto al responsabi­le del dipartimen­to d’essere messo in sonno quanto al mio incarico. Ed è per me scontato che, se venissi nominato in un qualsiasi ruolo artistico pubblico, darei le immediate dimissioni anche dal partito».

Orchestra e coro possono migliorare, saranno decisivi il direttore musicale e quello artistico

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