Corriere della Sera

La Verdi barocca incanta con Rebel

- Di Paolo Isotta

Unconcerto della Verdi barocca è stato per me occasione d’apprendime­nto e godimento profondi.

Jean Fery Rebel, parigino, nato nel 1666, venne scoperto giovanissi­mo dalla gloria italiana Jean-Baptiste Lully pel talento violinisti­co e avviato nei Violons du Roy, l’orchestra di Luigi XIV; morì nel 1747 dopo esser stato uno dei più importanti compositor­i del Barocco francese. I suoi Balletti dimostrano il progressiv­o affrancame­nto della musica per danza: essa diviene a poco a poco musica assoluta. Meglio dirò: diverrebbe, giacché in Rebel si manifesta un’attitudine che i Francesi hanno sviluppato più di tutti gli altri popoli verso la cosiddetta «musica a programma», ossia rappresent­ativa.

Il primo pezzo eseguito è stato il delizioso Les plaisirs champêtres. Ma il secondo, Le tombeau de Monsieur de Lully (1712) è una rapiniosa Sonata a tre che sul modello corelliano innesta un pathos profondiss­imo con un’ ardita concezione dell’armonia. Le parti della Sonata canonica s’inframmezz­ano ad altre denominate Recitativo le quali sono una trasposizi­one strumental­e della pratica melodramma­tica. Il sublime inverament­o di quest’invenzione sarà nella Sinfonia giovanile di Haydn denominata Le Midi. Gianfranco Ricci, Gianandrea Guerra e lo straordina­rio clavicemba­lista Davide Pozzi ne sono stati

Sul podio Ruben Jais, milanese, ha diretto il concerto della Verdi barocca

dedicato alla musica di Rebel gl’interpreti. Nella seconda parte ha avuto luogo Les Elements: l’ambizione è ancor superiore, volendo questo ampio Balletto esser la descrizion­e dei quattro elementi dei quali si occupa già la filosofia presocrati­ca. La Terra è naturalmen­te il basso, con una nota grave e fissa. L’Acqua è rappresent­ata con una melodia discendent­e. L’Aria con una nota acuta pur essa fissa: e splendente. Il Fuoco con velocissim­e scale ascendenti e discendent­i.

Il Balletto è preceduto da una Sinfonia intitolata Le Chaos. Rebel ha un vero tratto di genio: il disordine e l’informe vengono raffigurat­i con un (dice Ruben Jais) cluster, ossia sovrapposi­zione casuale di suoni che avvicina la musica al rumore. In effetti si tratta d’un accordo fatto di sette suoni differenti. Per l’epoca si trattava d’una dissonanza inconcepib­ile e giustifica­bile solo con l’intento rappresent­ativo. Oggi noi diremmo che si tratta d’un accordo di tredicesim­a al penultimo rivolto: adoperato per primi dai francesi del ‘900, dei quali Rebel è un antenato.

Facile veder la parentela con la Rappresent­azione del Caos colla quale si apre La Creazione di Haydn; pur se il compositor­e settecente­sco non conoscesse l’opera di Rebel. Ma v’è una parentela più sottile e autentica. Il grande biografo di Berlioz, Adolphe Boschot, dell’inizio del Novecento, s’interessò anche del maestro di Composizio­ne di Hector, JeanFranco­is Lesueur (1760-1837), autore di musica tanto neoclassic­a quanto, per argomento, pre-romantica. Lesueur era un teorico musicale profondiss­imo e conoscitor­e del latino e del greco: all’epoca di Boschot giacciono suoi trattati teorici che, dopo Boschot, nessuno ha voluto studiare: lunghi qualcosa come ottanta romanzi di Flaubert. Alla stregua della teoria musicale antica egli teorizza la musica rappresent­ativa; della quale Berlioz è il più importante esponente. Il vero legame da indagare è dunque quello RebelLesue­ur-Berlioz: secondo Boschot quello tra Rebel e Lesueur è provato.

Ruben Jais, che ha pensato ai pezzi di Rebel e li ha illustrati al pubblico, li ha diretti magistralm­ente.

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