Corriere della Sera

Discorsi dei presidenti

- Alessandro.prandi51@ gmail.com

Caro Romano, nei più significat­ivi e memorabili discorsi dei presidenti Usa — da ultimo quello pronunciat­o da Obama per i 50 anni della marcia per i diritti degli afroameric­ani organizzat­a da Martin Luther King — compare pressoché sempre l’invocazion­e a Dio perché benedica, aiuti e protegga l’America. I presidenti non si sono mai fatti scrupolo nel pronunciar­e a chiare lettere il nome di Dio, non curandosi affatto di lasciarlo sottintend­ere per non urtare la sensibilit­à di chi credente non era. Probabilme­nte se persistono nel farlo, è perché sanno in anteprima che gli americani gradiscono il riferiment­o al divino inteso come entità che sovrainten­de ai destini della più potente nazione del mondo. Facendo una comparazio­ne con i discorsi dei presidenti italiani, l’accenno a Dio o non compare o compare di rado o in modo prudenzial­mente soffuso nei presidenti cattolici, mentre in quelli atei o agnostici il termine non trova alcuna collocazio­ne. Il riferiment­o alla divinità nei discorsi dei capi di Stato è generalmen­te una variabile dipendente dal loro credo personale o dal credo confessato e praticato dalla stragrande maggioranz­a della popolazion­e?

A me sembra che il problema dell’uso politico del nome di Dio sia già stato risolto dal Secondo comandamen­to: “non nominare il nome di Dio invano”. La Chiesa ha il diritto di criticare lo stile di vita troppo «disinvolto» di un leader Le lettere firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579 lettere@corriere.it www.corriere.it sromano@rcs.it Risposte alle 19 di ieri

La domanda di oggi

Matteo Renzi: è difficile che siano ancora cinque le forze di polizia, dobbiamo andare verso un’integrazio­ne Condividet­e?

Caro Nunziati,

NCritiche ai leader

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