Corriere della Sera

La mafia in Sicilia, i bimbi in India Letizia e Shobha in Battaglia

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d’If», l’invenzione di Letizia, dove s’affacciava­no Cartier Bresson e Josef Koudelka, Ferdinando Scianna, Graciela Iturbide e Cristina Rodero, ovvero giovani destinati ad altre esperienze, come accadde a Filippo La Mantia, lo chef adesso lontano da quella trincea dove scattò la foto di una testa sgozzata dalla mafia.

Orrori esposti con sgomento in quel laboratori­o dove si modellò la mano di Shobha, pronta a volare nel 1976 in India, poi in America, a Cuba, colleziona­ndo premi, compreso il World Press Photo che le procurò un invito a Bagdad l’anno prima della guerra in Iraq, ammessa alla festa di compleanno per Saddam Hussein, ritratto con tutti i colonnelli poi uccisi.

Scopriva il mondo Shobha per rientrare con rabbia, di tanto in tanto, nella sua terra, controllar­ne la malattia, constatare l’effetto degli antidoti offerti dalla madre che con Giuliana Saladino, Simona Mafia, Lina Colajanni, Rosanna Pirajno e tante altre donne di una Palermo perbene, accendevan­o la luce di catene umane, lenzuoli bianchi, riviste controcorr­ente, compresa una casa editrice non a caso denominata «Edizioni della Battaglia».

Appunto, una battaglia continuata anche sul fronte politico, sulle barricate della «primavera» di Leoluca Orlando, accettando l’elezione all’Assemblea regionale con Letizia pronta a replicare con un «tié» se chiamata «onorevole».

Ecco una vita profession­ale che comincia nel dicembre del 1972 al Circolo Turati di Milano quando Letizia si ritrova a fotografar­e Pier Paolo Pasolini in- furiato contro i violenti attacchi ai suoi Racconti di Canterbury, 32 immagini diventate una mostra, anche se allora «non sapevo di essere una fotografa, non sapevo nulla di regole, contrasti, controluce».

Poi è diventata una maestra. Anche per Shobha decisa a miscelare profession­e e volontaria­to, come fa da un piccolo villaggio indù di nome Saipem, un fiume e una foresta di palme da cocco, vicino alla capitale Panjim. Da qui lavora al progetto Mother India School, collabora con le donne chirurgo «Women for Women» come le capita di fare in Bangladesh per le vittime sfigurate dal vetriolo, vola in Sri Lanka per la storia di una bimba nata in un cimitero. Una bimba che ha adottato.

Tanti i punti di incrocio fra madre e figlia, a volte offerti dai premi. Come nel 2008, insieme in Cina al Festival des Tops, nel 2012 con la mostra «Falcone eroe italiano» a Washington, nel 2013 a Caltagiron­e per le carriere sintonizza­te sui diritti civili. Sempre a colpi di click.

Come vogliono continuare a fare con un progetto che illumina gli occhi di Letizia, «un centro internazio­nale di fotografia» da aprire a Palermo entro un anno, esponendo le foto dei grandi passati dalla Sicilia: «Da Robert Capa a Bresson, da Leonard Freed a Gabriele Basilico... Per fare rinascere attorno a loro uno scambio culturale fra noi e il mondo».

La figlia Dai nobili isolani alle strade del Panjim: vive in un villaggio indù e ha sostituito il nome Angela

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