La scelta del copilota: uccidere tutti
Si è chiuso in cabina e ha diretto l’aereo contro la montagna. L’ombra della depressione
Ha atteso che il pilota uscisse dalla cabina, vi si è barricato e ha guidato l’aereo contro le montagne francesi, ignorando le urla dei passeggeri: così, per gli inquirenti, il copilota del volo Germanwings 4U9525 Andreas Lubitz ( foto) ha causato martedì la morte sua e di altre 149 persone. Un’amica: soffriva di depressione.
Lo schianto del volo Germanwings Barcellona-Düsseldorf non è stato un incidente. Un uomo ha voluto la strage. «Il copilota ha rifiutato di aprire la porta della cabina di pilotaggio al comandante di bordo e ha azionato il comando per la perdita di altitudine, per una ragione che ignoriamo totalmente ma che può essere analizzata come una volontà di distruggere l’aereo», conclude il procuratore di Marsiglia al termine della conferenza stampa. Andreas Lubitz, 27 anni, tedesco, estraneo ad ambienti legati al terrorismo, segnato piuttosto da una depressione che nel 2009 gli aveva fatto interrompere l’addestramento e che è ricomparsa l’anno scorso, è il responsabile della tragedia del massiccio dei Trois-Évêchés, nelle Alpi marittime francesi. Si sentono le grida di alcuni passeggeri, verso la fine della registrazione contenuta nella scatola nera, mentre il comandante di bordo Patrick Sondenheimer cerca di sfondare la porta nella speranza di riprendere la cloche. Lubitz invece, una volta che si è rinchiuso nella cabina, non pronuncia una parola. Si sente solo il suo respiro calmo, regolare, fino all’impatto contro le rocce. Ecco la ricostruzione del volo 4U 9525 di martedì 24 marzo, sulla base del contenuto della scatola nera diffuso dal procuratore Brice Robin.
Ore 10.01, il decollo
L’Airbus 320 della compagnia Germanwings, filiale low cost di Lufthansa, decolla dall’aeroporto di Barcellona (in ritardo, l’orario di partenza previsto era 9.35). Le condizioni meteo sono ottime. L’aereo segue la rotta consueta sul Mare Mediterraneo prima di cominciare a sorvolare il territorio francese poco a est di Marsiglia. «Durante i primi 20 minuti i due piloti si parlano normalmente, anzi in un modo che potremmo definire allegro, cortese. Niente di anormale», dice il procuratore. In questa fase anche i contatti con il controllo aereo sono normali, dice il Bea (Bureau d’enquêtes et d’analyses pour la sécurité de l’aviation civile).
Ore 10.20, i primi segnali
«Si sente il comandante di bordo parlare dell’atterraggio a Düsseldorf. Le risposte del copilota sembrano laconiche», sottolinea il procuratore. Andreas Lubitz, il giovane copilota con circa 600 ore di volo alle spalle (più o meno l’equivalente di un anno di lavoro) forse aveva già deciso che non ci sarebbe stato alcun atterraggio a Düs-
seldorf. Il comandante comunque non si insospettisce. Alle 10.27, sopra il villaggio di Bandol, nel Var, l’aereo raggiunge velocità e altitudine di crociera, ovvero circa 900 km/h a 11 mila 500 metri. È la fase più tranquilla di ogni volo, quella centrale che segue il decollo e precede l’atterraggio. Il comandante Patrick Sondenheimer, 6.000 ore di volo e 10 anni di lavoro per Lufthansa alle spalle, padre di due figli, ne approfitta per alzarsi e andare alla toilette.
Ore 10.31, comincia la discesa
Per l’ultima volta alle 10.30 l’Airbus 320 stabilisce un contatto normale con il controllo di terra. Il comandante dice «Direct IRMAR merci 18G», cioè ottempera alla richiesta di prendere il corridoio IRMAR e ringrazia, ricordando il codice radio dell’aereo (18G). «Si sente allora il comandante chiedere al copilota di prendere i comandi — dice il procuratore —, e allo stesso tempo il rumore di un sedile che indietreggia e di una porta che si chiude. Si può legittimamente pensare che si sia allontanato per soddisfare una necessità fisiologica». A questo punto Andreas Lubitz è solo ai comandi. Non è chiaro se abbia deciso di approfittare all’istante dell’assenza del comandante, o se già avesse un piano per fare precipitare l’aereo. «Il copilota usa i pulsanti di quel che si chiama flight monitoring system per azionare la discesa dell’aereo». Il servizio online svedese FlightRadar24, che usa le rilevazioni dei satelliti e sta collaborando con gli investigatori francesi, ha precisato alla Reuters che «tra le 10 e 30 e 52 secondi e le 10 e 30 e 55 secondi i settaggi dell’altitudine del pilota automatico sono stati cambiati: da 11 mila 500 metri si passa a 30 metri, ben inferiori ai circa 1.800 del punto di impatto». Questa manovra permette di iniziare la discesa a terra, che comincia 9 secondi dopo, alle 10.31. «L’azione su questo selezionatore di altitudine non può essere che volontaria», ripete due volte il procuratore. È il momento fatale, quello che fa cambiare destino al volo 4U 9525 e alle vite delle 150 persone che sono a bordo.
Ore 10.35, il Mirage si alza in volo
Cominciano i momenti più drammatici. Patrick Sondenheimer torna dalla toilette e prova a rientrare nella cabina digitando il codice. Dopo l’11 settembre, le cabine degli aerei sono blindate e protette dagli interventi esterni con un selettore a tre livelli: «unlock» (sbloccato), «norm» (normale) e «lock» (chiuso). Andreas Lubitz ha messo la serratura della porta in modalità «lock»: solo lui potrebbe aprire al comandante, ma non lo fa. «Si sentono diverse chiamate del comandante che chiede accesso alla cabina di pilotaggio attraverso una sorta di videocitofono, quindi si può dire che si è mostrato, si è identificato, ma non c’è alcuna risposta da parte del copilota», spiega il procuratore. Allora Sondenheimer bussa più volte, ma ancora nessuna risposta. Lubitz si è chiuso dentro, l’Airbus 320 perde altitudine ma il copilota non risponde neppure al controllo aereo. La direzione generale dell’aviazione civile francese dà l’allarme, e in base alle procedure post 11 settembre un caccia militare Mirage 2000 si alza in volo e cerca — invano — di raggiungere l’apparecchio. spetto a tutti gli altri in vista di un atterraggio di emergenza. La torre di controllo ha anche chiesto ad altri apparecchi di provare a mettersi in contatto radio con l’Airbus 320, tutto inutile». A questo punto la scatola nera registra gli allarmi sonori perché l’aereo si sta avvicinando troppo al suolo, basterebbe dare il comando «pull up» per fargli riprendere quota, ma Lubitz non muove un dito. Il comandante Patrick Sondenheimer capisce che il tempo sta finendo, si mette a picchiare sulla porta blindata, cerca di sfondarla. I passeggeri si rendono conto che l’aereo è troppo basso e che la situazione è fuori controllo, la registrazione documenta purtroppo anche le loro grida. Il terrore dura poco.
Ore 10.40, l’ultimo contatto
Per l’ultima volta un radar francese capta il segnale emesso dal volo 4U 9525. L’aereo si trova a neanche 2.000 metri di altitudine. In otto minuti di silenzio del copilota l’Airbus 320 si è abbassato di circa 1.000 metri al minuto, non è precipitato. La scatola nera registra il rumore di un primo «L’aereo ha verosimilmente toccato una scarpata o è scivolato su un pendio, prima di schiantarsi a 700 chilometri all’ora sulla montagna. Vi ricordo che nessun messaggio di aiuto, del tipo mayday è stato mai lanciato. I passeggeri si sono accorti di quel che stava succedendo solo alla fine, le loro grida arrivano pochi istanti prima dello schianto». Il procuratore tiene a sottolineare che «la loro morte è stata pressoché istantanea», a quella velocità l’aereo si è disintegrato. La natura dell’inchiesta adesso cambia, si indaga per «omicidio volontario». Per quanto mostruoso, un uomo ha dimostrato di avere l’ultima parola sulla macchina, per quanto sofisticata. Carsten Spohr, capo di Lufthansa. ha detto che «nessun sistema al mondo avrebbe potuto impedire il gesto isolato del copilota». L’ultimo mistero è quindi il più difficile da risolvere: perché Andreas Lubitz ha deciso di uccidere se stesso, e 149 innocenti.