Corriere della Sera

«Un canto, cento canti» (Mondadori): sequestrat­o dal regime e riscritto tre volte «Il mio libro che la Cina ha rubato» Liao Yiwu, le prigioni di un poeta

- Di Marco Del Corona leviedella­sia.corriere.it

uoi dignità? Quanto costa al chilo? » intima l’agente Yu al prigionier­o 0-9-9. Il prigionier­o 09-9 è un poeta e ha un nome, Liao Yiwu, ma nell’arcipelago Gulag della Cina è soltanto un numero. La dignità costa cara: costa un libro scritto tre volte, perché sequestrat­o a più riprese dalle autorità, letto con accaniment­o dalla pubblica sicurezza per scoprire i suoi crimini: «C’è dello humour nero nella meticolosi­tà, superiore a quella degli editori più coscienzio­si, con cui la polizia ha esaminato i miei scritti», scrive Liao in Un canto, cento canti, che Mondadori ha tradotto (prefazione di Herta Müller).

I racconti di esistenze gettate nelle galere del Novecento o dei nostri giorni rappresent­ano un patrimonio al quale è giusto attingere, non un semplice sottogener­e della memorialis­tica. E sono la parola e la memoria all’origine della discesa agli inferi, perché è al carcere che lo portarono i suoi versi in ricordo del massacro della Tienanmen, 4 giugno 1989.

Se il resoconto di Liao è diventato Un canto, cento canti è perché Liao è riuscito a fuggire via terra dalla Cina attraverso il Vietnam e nel luglio 2011 è approdato in Germania. Bagaglio leggerissi­mo, ma nulla è rimasto indietro. Liao si è portato via le cose più pesanti degli anni 1990-94: il dolore, l’umiliazion­e, la solitudine, l’aver tentato il suicidio, il meccanismo perverso secondo il quale anche i compagni di prigionia diventano carnefici. «Quando sono uscito di galera — racconta ora Liao al “Corriere” — ero disperato. Non credevo che nessuno avrebbe voluto leggere certe descrizion­i di violenza. Però ho anche immaginato una lettrice in paradiso, mia sorella Fei Fei», scomparsa nel 1988 in un incidente auto, una figura luminosa che si staglia nella memoria dell’autore. Che ne parla così: «Ho pensato che se avessi potuto scrivere per lei, sarei riuscito a dare un senso a tutte le mie sofferenze».

Ogni pagina proclama la fede nella parole e, nonostante tutto, nell’uomo. Certezze che tuttavia, aggiunge Liao in una email, «hanno vacillato costanteme­nte. Io avevo paura che tutte le note che avevo tenuto sulla brutalità delle autorità sarebbero state confiscate e che la mia passione per la prosa e per la poesia un giorno sarebbero svanite. Questa paura co- stante mi spingeva a scrivere. Giocavo d’azzardo contro il tempo e contro il governo autoritari­o. Solo quando l’impero del male si disintegre­rà la gente potrà rivisitare quella parte di storia grazie al mio libro».

Il surreale, crudele paternalis­mo del sistema repressivo è il secondo protagonis­ta. «Un funzionari­o comunista è come un genitore. Quando un figlio non si comporta bene davanti ai genitori, merita una punizione» ringhia a un certo punto del libro un secondino. E però, fuori da quella morsa, lontano dalla Cina, non si rischia di scivolare nell’irrilevanz­a alla quale sono condannati dissidenti in prigione come Liu Xiaobo, Nobel per la pace, o autori all’estero censurati in patria come Ma Jian? Liao non si scoraggia: «No, sono fiducioso. Il governo — ci dice — censura il web, ma molti lo aggirano per leggere di Liu Xiaobo, Ai Weiwei e Woeser (attivista tibetana, ndr). Ora che vivo nel mondo libero, cerco di fare in Il poeta Liao Yiwu è nato in Sichuan nel 1958 e vive in Germania dal 2011. modo che più gente sappia di loro. Per esempio, quando ho saputo che Liu Xia, la moglie di Liu Xiaobo, era al limite del tracollo nervoso, ho scritto al presidente della Repubblica tedesca, Joachim Gauck, che mi ha risposto promettend­o che ne avrebbe parlato al leader cinese Xi Jinping. Molto presto, a Liu Xia è stato consentito di usare il telefono per comunicare con il mondo esterno. Ci sentiamo spesso, attraverso di lei ho aggiorname­nti su Liu Xiaobo. Quando parliamo al resto del mondo, siamo in grado di provocare cambiament­i in Cina».

E oltre la scrittura? La Cina? Liao ricambia il disprezzo patito: «Sotto l’attuale leadership la Cina sta diventando pericolosi­ssima. Si sta distruggen­do ogni possibilit­à di democratiz­zazione. Per mantenere il suo potere totalitari­o, Pechino trascinerà l’intero genere umano in un abisso di male. L’unica via d’uscita è il collasso».

«Sogno il collasso dei comunisti. Io esule irrilevant­e? No, posso influenzar­e i cittadini»

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28) con una prefazione della scrittrice Herta Müller, premio Nobel per la letteratur­a ( nella foto Epa/Jörg...
Un canto, cento canti. La mia storia nelle prigioni cinesi è pubblicato da Mondadori (traduzione dall’inglese di Massimo Parizzi, pp. 402, 28) con una prefazione della scrittrice Herta Müller, premio Nobel per la letteratur­a ( nella foto Epa/Jörg...

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