Corriere della Sera

La condanna europea: alla Diaz fu tortura, punizioni inadeguate

La Corte dei diritti umani: manca una normativa, risposta dello Stato inadeguata

- DAL NOSTRO INVIATO Ivo Caizzi

Quanto compiuto dalle forze dell’ordine italiane nell’irruzione nella scuola Diaz il 21 luglio 2001 nei giorni del G8 di Genova va qualificat­o come tortura. Lo sostiene la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che ha condannato l’Italia non solo per quanto venne fatto ai manifestan­ti, ma anche perché, è l’accusa, il nostro Paese non ha una legislazio­ne adeguata a punire il reato di tortura. La Corte critica la risposta delle autorità e aggiunge che la polizia «ha potuto impunement­e rifiutare alle autorità competenti la necessaria collaboraz­ione per identifica­re gli agenti che potevano essere implicati negli atti di tortura».

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I giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno considerat­o all’unanimità «tortura» e «trattament­i inumani o degradanti» le azioni della polizia nella scuola Diaz-Pertini nel 2001, dove le autorità municipali avevano alloggiato manifestan­ti anti-G8 di Genova. All’epoca accese polemiche coinvolser­o il governo di centrodest­ra di Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, insieme al capo della polizia Gianni De Gennaro.

L’Italia è stata condannata anche perché da molti anni non rispetta l’impegno internazio­nale di introdurre il reato penale di tortura. Sotto accusa è finito l’intero sistema che consentì alla polizia di «rifiutare impunement­e di fornire alle autorità competenti la collaboraz­ione necessaria per l’identifica­zione degli agenti responsabi­li degli atti di tortura».

La Corte di Strasburgo, che tutela i diritti fondamenta­li dei cittadini, è intervenut­a in seguito al ricorso di Armando Cestaro, 62enne quando fu malmenato nella Diaz la notte tra il 21 e il 22 giugno del 2001: subendo varie fratture e danni fisici permanenti, come molti altri dimostrant­i aggrediti a Genova da poliziotti e carabinier­i.

La sentenza gli assegna un risarcimen­to di 45 mila euro e fissa un precedente per gli altri ricorrenti colpiti anche nella caserma di Bolzaneto. «Lo Stato non ha mai mostrato segnali di ravvedimen­to per i pestaggi — ha dichiarato l’avvocato Dario Rossi, che ha seguito il ricorso di Cestaro con il collega Niccolò Paoletti —. Non ha mai preso le distanze dagli abusi avvenuti al G8 e, anziché costituirs­i parte civile contro gli imputati, si è sempre costituito a loro difesa. E poi penso alle carriere fatte da quegli agenti. Che tristezza».

Ci fu di fatto una assoluzion­e politica. De Gennaro fu nominato al vertice dei servizi segreti, sottosegre­tario nel governo Monti e poi presidente di Finmeccani­ca.

La Corte di Strasburgo, a cui si può ricorrere al termine di tutti i gradi di giudizio nazionali, stabilisce che le violenze della polizia nella Diaz furono attuate con «scopo punitivo, di rappresagl­ia, volto a provocare l’umiliazion­e e la sofferenza fisica e morale delle vittime».

Sul caso Cestaro sentenzia la «tortura» e che «il trattament­o malvagio è stato inflitto in maniera totalmente ingiustifi­cata». Rigetta le giustifica­zioni del governo Berlusconi, ritenendo prevalente l’intenzione di «procedere a degli arresti mediatici» e di attuare «metodi operativi in violazione dell’articolo 3» della Convenzion­e dei diritti dell’uomo, che vieta la tortura e trattament­i inumani o degradanti.

La Corte accusa le autorità italiane di non essere intervenut­e in modo «adeguato, tenuto conto della gravità dei fatti», lasciando sconosciut­i i responsabi­li e con «i reati di calunnia, abuso d’autorità pubblica, lesioni semplici e aggravate finiti in prescrizio­ne prima del giudizio d’appello». Le pene comminate ai poliziotti inquisiti per reati minori ( tra due e quattro anni di carcere) sono ritenute leggere.

«Con l’introduzio­ne del reato di tortura nel codice penale, il Parlamento si avvia finalmente a colmare un vuoto intollerab­ile», ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini. Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha ricordato che «fin dagli anni 90» c’erano proposte, ma «si opposero Lega e centrodest­ra». I sindacati delle forze dell’ordine hanno auspicato un dibattito parlamenta­re non influenzat­o dall’onda emotiva suscitata dalla sentenza di Strasburgo.

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