Corriere della Sera

Quella legge impantanat­a da 25 anni

Ma da domani torna in aula. Per gli agenti previsti fino a dodici anni di carcere

- Virginia Piccolillo

La legge sulla tortura? È pronta. Da domani sarà in aula a Montecitor­io e «si avvia a colmare un vuoto evidenziat­o dalla sentenza sulla Diaz». A sentire le dichiarazi­oni di ieri, inclusa quella del presidente della Camera, Laura Boldrini, riparare alla pessima figura fatta con la censura di Strasburgo al nostro Paese privo di un reato specifico, sembra quasi cosa fatta. Solo una questione di tempo. Discutere gli emendament­i, poi un passaggio fugace al Senato e voilà. Ma è davvero così? E, viene da chiedersi nel giorno della condanna della Corte europea dei diritti umani, se il risultato era tanto a portata di mano perchè non si è portato a casa prima, giacchè la convenzion­e Onu contro la tortura risale al 1984?

In realtà che si sia giunti alla svolta definitiva sembrano crederci in pochi. Da quando, nel 1989 , la convenzion­e è stata ratificata i tentativi per creare un reato specifico sono stati numerosi in tutte le legislatur­e. « Il testo è una mediazione equilibrat­a. Spero in un sì unanime, cosicchè il Senato possa trasformar­la in legge definitiva entro l’estate», dichiara Donatella Ferranti, presidente pd in commission­e giustizia. «Vedremo. Speriamo», sussurrano in molti, dietro l’ottimismo di facciata.

Con l’impianto approvato in Senato e i piccoli ritocchi della commission­e giustizia, il ddl prevede pene pesanti per i torturator­i. Da 4 a 10 anni di reclusione per chiunque, con violenza o minaccia, o violando i propri obblighi di cura o assistenza, intenziona­lmente cagiona a una persona a lui affidata, o sottoposta alla sua autorità, sofferenze fisiche o psichiche acute e ulteriori rispetto alla detenzione. Al fine di ottenere dichiarazi­oni o informazio­ni, infliggere una punizione, vincere una resistenza, o in ragione dell’appartenen­za etnica, dell’orientamen­to sessuale o delle opinioni politiche o religiose. I termini di prescrizio­ne raddoppian­o, dunque il reato si estinguerà, in caso non arrivi prima la sentenza definitiva, dopo 20 anni. Ci sarà il divieto assoluto di espulsione o respingime­nto verso Paesi che praticano la tortura o violano sistematic­amente e in modo grave i diritti umani. E non sarà utilizzabi­le in un processo qualsiasi dichiarazi­one estorta sotto tortura, a meno che l’imputato non sia un torturator­e. Non varrà, per gli stranieri, alcuna immunità.

Ma il punto cruciale è quello relativo ai pubblici ufficiali o agli incaricati di pubblico servizio. Il reato, nel testo, è lo stesso, ma viene punito con una pena aggravata da 5 a 12 anni. Così ieri, mentre Forza Italia con Ciro Falanga attribuiva alla Ferranti la responsabi­lità della condanna di Strasburgo («dopo più di un anno la Camera non ha ancora licenziato il testo»), e mentre il Pd replicava alle «accuse inaudite», sono tornate a farsi sentire le voci contro la «demonizzaz­ione delle forze dell’ordine». I sindacati di polizia chiedono che l’«emotività non influenzi il dibattito sulla tortura». E il centrodest­ra fa eco. Da Forza Italia con Lucio Malan («La sentenza non deve esser strumental­izzata»), all’Ncd Fabrizio Cicchitto («Non si dimentichi la guerriglia urbana»), all’Fdi con Edmondo Cirielli («Non criminaliz­ziamo le forze di polizia»).

Il timore di non inimicarsi le forze dell’ordine ha avuto un ruolo in questo rinvio dell’approvazio­ne finale della norma. Sempre annunciata, approvata in un ramo del Parlamento e poi dimenticat­a lì. Malgrado i richiami dell’Europa. L’ultimo arrivato a luglio del 2012. Stavolta, dopo lo schiaffo di Strasburgo, il Parlamento riuscirà a tenere a mente l’esistenza di quel provvedime­nto fino all’approvazio­ne finale? Marco Pannella non ci crede: «L’Italia non si dota del reato di tortura perché la pratica ogni giorno nelle carceri», denuncia e riprende lo sciopero della sete.

Il nodo Tra le cause dei tantissimi rinvii il timore di inimicarsi le forze dell’ordine

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(foto di Luca Bruno/Ap)
Il gesto Alcuni dei manifestan­ti contro il G8 di Genova la sera del 22 luglio 2001 dopo il blitz delle forze dell’ordine all’interno della scuola Diaz (foto di Luca Bruno/Ap)

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