Padre Kizito: «Un clima d’assedio ma parlare di sicurezza non basta»
molte chiese erano protette da militari e polizia». Un clima d’assedio? «Nelle chiese più grandi o in quelle frequentate da stranieri sì. Ma eventi simili sono già accaduti, purtroppo, dopo alcune settimane di tensione la gente dimentica e il livello di sicurezza scende. D’altra parte è difficile impedire la penetrazione dei fanatici in un Paese con 40 milioni di abitanti, su un territorio che è due volte l’Italia».
I vescovi del Kenya chiedono sicurezza. Basterà?
«No. Serve una riflessione profonda. Il nodo centrale è quale rapporto si creerà nei prossimi 30-50 anni tra cristiani e musulmani in Africa. Un rapporto storicamente tumultuoso che alla fine del secolo scorso si era stabilizzato. Anche
Dopo l’attentato al Museo nazionale del Bardo a Tunisi del 18 marzo, è stata decisa l’operazione «Mare Sicuro» nelle acque di fronte alla Tunisia. E’ previsto l’impegno di un migliaio di militari italiani, lo schieramento di quattro navi tra cui unità dotate di attrezzature perché la religione della tradizione africana, che è stata l’interlocutore sia dei cristiani sia degli islamici, è impregnata di tolleranza, di cultura dell’accoglienza. Tant’è vero che laddove l’Islam ha potuto “africanizzarsi” — e penso al Senegal, dove il 95% della popolazione è musulmana, ma anche al Burkina Faso, al Mali — non si sono verificati problemi di convivenza».
Perché in Somalia e in Nigeria è andata diversamente?
«E’ l’influenza, recente, di un Islam impazzito, fanatico, sicuramente manovrato per ragioni politiche ed economiche, che nasce al di fuori del contesto africano e obbedisce a ragioni estranee alla religione».
Il Papa denuncia il «silenzio complice » del mondo.
Nel quadro della tensione tra Ucraina e Russia, la Nato è impegnata nella difesa dei Paesi partner dell’Ue e della Nato in Qualcuno vi ha letto un invito alla «guerra santa»...
«Assolutamente no, credo che papa Francesco voglia farci pensare al mostro che è dentro tutti noi, l’odio che portiamo dentro, la capacità di uccidere. Il mondo occidentale non è in grado di accettare questo aspetto dell’umanità e tende a demonizzare gli altri». Invece? «Dobbiamo lavorare insieme. Noi cristiani abbiamo superato questa fase, o forse siamo solo bravi a nasconderlo: il mostro è anche dentro di noi». Il dialogo è possibile? «Ci sono tantissimi islamici disposti al dialogo con i cristiani. Non solo in Africa».
Nel suo blog denuncia le infiltrazioni di al Shebab anche nella politica kenyota.
Renato Kizito Sesana è un missionario comboniano, ex direttore di In maggio sarà a Pistoia per «Dialoghi sull’uomo» Una contraddizione?
«Attraverso la pirateria e il commercio di droga, dalla Somalia arriva in Kenya un flusso enorme di denaro, controllato in buona parte da al Shabab. Non è pensabile che non siano coinvolti funzionari, politici e militari, anche ad alto livello. E’ cominciato verso il 2000 sulla costa del Kenya, peraltro già colpita dal terrorismo: hanno costruito palazzoni e alberghi enormi, ancora oggi vuoti. Fonti attendibili mi hanno spiegato che era per riciclare i soldi della pirateria». La sua messa di Pasqua? «Ho chiamato vicino a me un musulmano, Arissa, e ho chiesto ai suoi compagni cattolici: “pensate che lui possa fare del male?”. I ragazzi sanno che è una strumentalizzazione dare la colpa alla religione». Capiscono anche gli adulti? «Una delle mie case è a Kibera, il più grande slum a sud dell’Equatore. Sabato gli anziani della comunità musulmana mi hanno chiesto di fare qualcosa. Insieme. Subito».
I vescovi chiedono sicurezza, non basta. Serve una riflessione su quale sarà il rapporto fra musulmani e cristiani in questo continente