Corriere della Sera

Dall’Iraq alla Somalia, gli italiani al fronte

Il ministro degli Esteri Gentiloni e l’ipotesi di un intervento militare contro la minaccia estremista Il nostro Paese ha oltre 500 soldati già impegnati a Bagdad. In Libano la missione più esposta

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L’ipotesi di un’opzione militare contro il terrorismo di matrice islamica, svela un’Italia già impegnata su molti e diversi fronti difficili, basta analizzare il materiale in possesso delle commission­i Difesa della Camera e del Senato dopo la recente audizione del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che risale al 19 marzo scorso.

Cominciamo dall’Iraq, dove l’Italia fa parte della coalizione militare multinazio­nale. Il nostro Paese schiererà complessiv­amente nei primi nove mesi di quest’anno 525 militari in media (ma potranno aumentare, nel caso di un’emergenza) quattro cacciabomb­ardieri Tornado per la ricognizio­ne con i relativi supporti logistici e tecnologic­i più un KC-767 da rifornimen­to in volo e diversi droni tipo Predator per la sorveglian­za. Nessun mezzo aereo è dotato di armi offensive, il loro compito è raccoglier­e le informazio­ni per sorvegliar­e le aree più critiche e gli spostament­i dell’Isis, escludendo sorvoli sulla Siria. Tre i fronti: regione di Anbar, area di Tikrit quella di Kirkuk. Si sta anche pianifican­do l’invio di un contingent­e di carabinier­i che supervisio­neranno la costituzio­ne di unità di polizia militare irachene che dovranno riportare la sicurezza nelle aree sottratte all’Isis.

Il 24 febbraio è cominciata la Missione di addestrame­nto italiana dei carabinier­i, decisa con un accordo bilaterale italosomal­o. Circa 40 carabinier­i, di stanza nella Repubblica di Gibuti, addestrera­nno 200 allievi somali e 40 gibutini. Sono carabinier­i ultraspeci­alizzati (Gis, Gruppo intervento speciale; paracaduti­sti del «Tuscania»; Ros, Raggruppam­ento operativo speciale; Racis, Raggruppam­ento carabinier­i investigaz­ioni scientific­he) che preparano forze speciali locali per il controllo del territorio, soprattutt­o dopo il tragico attacco dei terroristi somali di al Shebab al campus universita­rio keniota di Garissa. sanitarie ed elicotteri, droni del tipo Predator. Probabile la presenza di una nave da sbarco (classe San Marco o San Giusto), una o più fregate e cacciatorp­edinieri. Non si tratta di un blocco navale ma di una missione operativa per proteggere le navi commercial­i e sorvegliar­e comunque l’attività delle formazioni jiahdiste. generale. L’Italia contribuis­ce all’attività di polizia aerea con 7 aerei in Lituania, di cui 4 Eurofighte­r da difesa aerea. Tra gennaio e febbraio gli italiani hanno già realizzato 10 «interventi di intercetta­zione nei confronti di velivoli potenzialm­ente ostili» più altre operazioni legate alla difesa aerea, in tutto 150 ore di volo. Nei Balcani l’Italia è tuttora presente in Kosovo con 540 uomini nel contingent­e Nato K-For. E anche lì si temono infiltrazi­oni terroristi­che.

I carabinier­i Militari dell’Arma preparano forze speciali somale per il controllo del territorio

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