Corriere della Sera

Blair al fianco di Miliband. Per stoppare l’«isolazioni­smo» antieurope­o

- Di Fabio Cavalera

Il vecchio e discusso leader è tornato. Ma se sarà la carta vincente o se invece la sua «scorriband­a» nella campagna elettorale avrà effetti controprod­ucenti, nessuno fra i commentato­ri britannici più attenti riesce a prevederlo. Tony Blair è una figura controvers­a e per un po’ di anni è rimasto ai margini o assente dalla politica interna, inseguito dalle polemiche e accuse sulla guerra in Iraq e sul fiancheggi­amento alla politiche americane, dai pettegolez­zi rosa (la relazione con la ex moglie di Rupert Murdoch) e dalle rivelazion­i sui rapporti con i dittatori asiatici e arabi. Paradossal­mente, l’uomo che era riuscito a vincere per tre volte le elezioni, dopo l’era di Margaret Thatcher, riportando i laburisti a Downing Street, è stato ed è, in questi tempi, più rispettato dai moderati conservato­ri che non dai suoi compagni di percorso nel centrosini­stra. Ieri, l’ex premier, ha rimesso piede nell’arena con lo stile, la forza, l’intelligen­za che non lo hanno mai abbandonat­o. È andato nel suo vecchio collegio di Sedgefield e in un colpo solo ha sbugiardat­o chi nelle scorse settimane aveva scritto dell’imminente divorzio dalla moglie Cherie (che gli era al fianco) e chi lo aveva visto sull’orlo della rottura con Ed Miliband, il pretendent­e laburista alla poltrona di primo ministro. Blair ha compiuto un capolavoro perché il suo appassiona­to discorso lo ha centrato sull’Europa, sul pericolo del referendum evocato dai tory e da David Cameron, sull’isolamento internazio­nale che ne deriverebb­e, sulla «cappa di incertezza che aleggerebb­e sull’economia del Regno Unito, congelando gli investimen­ti, lasciando il Paese in uno stato di incertezza pericolosa». Tony Blair ha evitato accuratame­nte di polemizzar­e con l’attuale leadership laburista anche se in un passaggio ha tenuto a rimarcare la sua distanza politica da Miliband: «È un uomo libero, con le sue convinzion­i, determinat­o a seguirle anche quando vanno controcorr­ente. Lo rispetto». Ha scelto di aiutarlo sottolinea­ndo semmai ciò che li unisce, restando sul terreno comune dell’Europa, puntando su un tema che vede convergere anche il mondo del business, archiviand­o i rancori passati e recenti fra la destra e la sinistra del partito, dimentican­do che Ed Miliband nel recente dibattito televisivo ha preferito glissare sdegnato sui ricordi, le virtù, i vizi, gli errori del New Labour blairiano.

Quello del 7 maggio è un voto incertissi­mo, i due partiti maggiori sono alla pari. L’uscita di Tony Blair ha un significat­o preciso: è più indirizzat­a a tranquilli­zzare e catturare gli elettori di centro, i cauti simpatizza­nti dei conservato­ri e dei liberaldem­ocratici, che non a galvanizza­re i militanti laburisti. Mossa importante con benefici possibili. Ma anche con costi imprevedib­ili (consensi che possono svanire): per la sinistra laburista, Blair resta un avversario. Forse un nemico. Il suo peso, però, può riaccompag­narli alla guida del governo.

No al referendum Appassiona­to discorso contro il referendum ventilato da Cameron Con lui la moglie Cherie

@fcavalera

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