Se l’ipotesi troverà conferma, più difficile dimostrare le colpe di madre e figlia
che, proprio lì sotto, fu strangolata.
Parliamo del delitto si Sarah Scazzi, la quindicenne uccisa ad Avetrana il 26 agosto del 2010, buttata in un pozzo e ritrovata dopo 42 giorni grazie alle indicazioni di Michele Misseri, suo zio, prima accusato e poi scagionato dal reato di omicidio per il quale invece sono state condannate all’ergastolo in primo grado sua moglie Cosima Serrano e la loro figlia, Sabrina.
I difensori di Sabrina, Franco Coppi e Nicola Marseglia, hanno depositato una memoria difensiva e una consulenza tecnica sulla copertura della rete telefonica a casa Misseri. E il loro esperto di informatica forense, Antonio Politi, più che a una semplice conclusione è arrivato a un colpo di scena. Utilizzando gli stessi strumenti di rilevazione e facendo lo stesso tipo di accertamenti eseguiti durante le indagini dai carabinieri del Ros di Lecce, ha scoperto che non ci sarebbe nessuna certezza sulla presenza di Cosima Serrano nel garage, come sostiene la sentenza di primo grado.
Per l’accusa la donna si trovava lì alle 15.25 («dormivo in camera mia» ha sempre sostenuto) per aiutare sua figlia Sabrina a disfarsi del corpo di Sarah, appena uccisa. Stando alla consulenza di Politi, invece, sarebbe esattamente il contrario: esiste «la prova tecnico-scientifica che il cellulare di Cosima potesse essere al piano superiore della villetta» dove la cella agganciata è diversa. E siccome l’ipotetica complicità madre-figlia è uno dei pilastri sui quali si regge l’accusa, è chiaro a tutti che se diventassero più deboli o addirittura cadessero gli indizi contro Cosima, il vantaggio sarebbe segnato anche per Sabrina. Anzi, sarebbe il primo vero punto a favore per madre e figlia, che si dicono innocenti. Vista la decisione sulla nuova perizia, la possibilità che il Ros abbia commesso errori nelle vecchie relazioni tecniche dev’essere sembrata verosimile anche alla Corte.