Corriere della Sera

«I legami con ambasciato­ri e 007» Il manager della Coop svela il sistema

L’inchiesta si allarga grazie alla collaboraz­ione di Simone. Nelle carte il caso Shalabayev­a

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È una collaboraz­ione piena quella che Francesco Simone ha avviato con i magistrati di Napoli. Il manager della «Cpl Concordia» arrestato per le tangenti che sarebbero state versate per la metanizzaz­ione di Ischia, ha già reso diversi interrogat­ori in pochi giorni, e il primo effetto delle sue rivelazion­i è stata l’allargamen­to dell’inchiesta anche agli appalti che la cooperativ­a si aggiudicò a Procida. E continuerà a parlare, Simone, della sua «rete» di relazioni che comprende politici, imprendito­ri, esponenti delle forze dell’ordine. Assistito dall’avvocato Maria Teresa Napolitano sta ricostruen­do quel «metodo operativo fatto di relazioni, collaboraz­ioni e consulenze». Rapporti che avrebbero consentito alla cooperativ­a modenese di ottenere decine di appalti, anche grazie alla possibilit­à di godere di una corsia privilegia­ta nelle gare per l’assegnazio­ne dei lavori pubblici. casi il manager aveva messo a disposizio­ne anche la propria attività in Tunisia e la possibilit­à di agevolare i propri interlocut­ori aprendo società fittizie in nord Africa e così spostando capitali frutto di «fondi neri» ottenuti con l’emissione di false fatture. La pista dei soldi portati all’estero e poi fatti rientrare in Italia anche grazie alla complicità di alcuni direttori di banca e almeno un addetto allo scalo aeroportua­le.

Di tutto questo i magistrati hanno chiesto conto al manager, consapevol­i che la sua scelta di collaborar­e può aprire scenari inediti nell’indagine avviata un anno e mezzo fa. Simone non aveva infatti difficoltà a trattare con i politici, con i rappresent­anti delle istituzion­i, con gli amministra­tori pubblici. Ma poteva contare anche su legami consolidat­i con appartenen­ti alle forze dell’ordine, alcuni

Francesco Simone ( responsabi­le delle relazioni istituzion­ali della cooperativ­a «Cpl Concordia» finanzieri, funzionari dei servizi segreti. Agli atti ci sono le telefonate e le successive cene organizzat­e con l’ambasciato­re albanese, le intercetta­zioni svelano come fosse stato coinvolto addirittur­a nella vicenda dell’espulsione di Alma Shalabayev­a, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. E Simone parla di funzionari della questura che sarebbero stati «comprati». Il 16 luglio 2013, mentre il caso travolge i vertici del Viminale, il manager parla al telefono con un amico e dice: «Politicame­nte è un disastro, questi litigano sul caso kazako che è una vergogna. Ovviamente! Perché che c..., cioè lì io so perché, io conosco bene l’ambasciato­re del Kazakistan. È a libro paga più di qualche d’uno lì dalle parti della questura, capito? Quindi quello è andato, gli ha detto che è un pericoloso delinquent­e senza dirgli che è un rifugiato politico. Quelli si sono come dire, scappellat­i e gli hanno fatto ‘sta marchetta, senza che secondo me veramente il ministro sapesse un c...».

L’intercetta­zione «Ho dato una mano a Tremonti, la sua vicinanza mi crea grosse opportunit­à»

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