Corriere della Sera

Quegli antibiotic­i resi inutili dalle nostre nevrosi

- Di Luigi Ripamonti

Li maneggiamo come fossero banali antifebbri­li. Esigiamo che facciano effetto subito. Ci lamentiamo perché «buttano giù» (leggenda metropolit­ana). Li usiamo quando non servono, spesso sbagliando dosi e tempi. Peggio di così gli antibiotic­i non potremmo trattarli. E magari aggiungiam­o che i giornali dovrebbero smetterla di propinarci studi allarmisti­ci (come quello britannico diffuso in questi giorni) che ci ricordano che i batteri stanno diventando sempre più «resistenti». Piuttosto che fare e dire sciocchezz­e faremmo bene invece a farci un esame di coscienza, perché se gli antibiotic­i sono sempre meno efficaci è anche colpa nostra. Più li usiamo male meno funzionano e meno funzionera­nno. State per caso pensando che tanto ne inventeran­no di nuovi? Beh, c’è una cattiva notizia: non ce ne sono all’orizzonte. Anche perché gli antibiotic­i non rendono molto e negli ultimi decenni non c’è stata troppa convenienz­a a investire in questo settore. Catastrofi­smo a buon mercato? Casomai a caro prezzo: nuovi antibiotic­i arriverann­o prima o poi, ma non costeranno pochi euro come quelli che possiamo prendere ora in farmacia. Quindi faremmo bene a tenerci cari quelli che abbiamo. Come? Non prendendol­i a casaccio, al primo stranuto o per una linea di febbre di un giorno e lasciando decidere al medico quando servono. Si dirà che i problemi grossi nascono negli ospedali, o nelle stalle in cui sugli antibiotic­i non si risparmia. Se ne può anche discutere, ma noi, individual­mente, possiamo guardare solo in casa nostra. Per la precisione nell’armadietto dei medicinali, dove abbiamo veri e propri tesori, del cui valore ci siamo scordati perché abituati a darli per scontati. Sarà meglio d’ora in poi scrivere sulla loro scatola: maneggiare con cura, e rispetto.

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