Quegli antibiotici resi inutili dalle nostre nevrosi
Li maneggiamo come fossero banali antifebbrili. Esigiamo che facciano effetto subito. Ci lamentiamo perché «buttano giù» (leggenda metropolitana). Li usiamo quando non servono, spesso sbagliando dosi e tempi. Peggio di così gli antibiotici non potremmo trattarli. E magari aggiungiamo che i giornali dovrebbero smetterla di propinarci studi allarmistici (come quello britannico diffuso in questi giorni) che ci ricordano che i batteri stanno diventando sempre più «resistenti». Piuttosto che fare e dire sciocchezze faremmo bene invece a farci un esame di coscienza, perché se gli antibiotici sono sempre meno efficaci è anche colpa nostra. Più li usiamo male meno funzionano e meno funzioneranno. State per caso pensando che tanto ne inventeranno di nuovi? Beh, c’è una cattiva notizia: non ce ne sono all’orizzonte. Anche perché gli antibiotici non rendono molto e negli ultimi decenni non c’è stata troppa convenienza a investire in questo settore. Catastrofismo a buon mercato? Casomai a caro prezzo: nuovi antibiotici arriveranno prima o poi, ma non costeranno pochi euro come quelli che possiamo prendere ora in farmacia. Quindi faremmo bene a tenerci cari quelli che abbiamo. Come? Non prendendoli a casaccio, al primo stranuto o per una linea di febbre di un giorno e lasciando decidere al medico quando servono. Si dirà che i problemi grossi nascono negli ospedali, o nelle stalle in cui sugli antibiotici non si risparmia. Se ne può anche discutere, ma noi, individualmente, possiamo guardare solo in casa nostra. Per la precisione nell’armadietto dei medicinali, dove abbiamo veri e propri tesori, del cui valore ci siamo scordati perché abituati a darli per scontati. Sarà meglio d’ora in poi scrivere sulla loro scatola: maneggiare con cura, e rispetto.