Corriere della Sera

L’EUROPA LONTANA DEI DIRITTI UMANI

- Di Michele Ainis michele.ainis@uniroma3.it

al Parlamento. Senza dire degli interventi firmati da altri giudici europei: per esempio dalla Corte di giustizia, che nell’aprile 2011 bocciò sonorament­e il reato di clandestin­ità, introdotto due anni prima nel «pacchetto sicurezza». O senza citare i moniti dettati dallo stesso Parlamento dell’Unione: nel luglio 2001 si pronunziò a favore del rientro dei Savoia, in nome della libertà di circolazio­ne.

Diciamolo: non va affatto bene. Le nostre orecchie rosse sono anche orecchie d’asino e per sovrapprez­zo a bocciarci è un giudice straniero. Inoltre la bocciatura costa, in quattrini oltre che in reputazion­e. E le sentenze della Corte di Strasburgo sono direttamen­te vincolanti per gli Stati. Noi invece, per lo più, preferiamo svicolare. Oppure le traduciamo in chiacchier­e di carta, usando la carta delle Gazzette ufficiali. Per esempio rispetto alla ragionevol­e durata dei processi: nel 1999 l’abbiamo iscritta nell’art. 111 della Costituzio­ne, ma l’anno dopo il tempo medio dei giudizi penali è lievitato da 1451 a 1490 giorni. O altrimenti rispetto al sovraffoll­amento nelle carceri: una leggina addosso all’altra, però ospitiamo ancora 4.000 detenuti di troppo.

E la tortura, che ci ha fatto guadagnare l’ultima medaglia? Nel 1955 abbiamo ratificato la Convenzion­e europea per la salvaguard­ia dei diritti dell’uomo (che ne prescrive il divieto), nel 1988 la Convenzion­e contro la tortura. Ma ogni ratifica rimane per aria, come un prosciutto appeso al soffitto. Papa Francesco ha introdotto nuove figure criminose per contrastar­e il genocidio e l’apartheid, noi ci teniamo sul groppone il codice Rocco del 1930, firmato dal Guardasigi­lli di Benito Mussolini. Intanto il reato di tortura giace da due anni in Parlamento e forse è pure meglio che riposi in pace. Venne già risvegliat­o il 22 aprile 2004, quando la Camera approvò un emendament­o della Lega Nord. Con quali contenuti? Stabilendo che è vietato torturare per due volte, ma una volta sola no.

Da qui la conclusion­e: diamoci una mossa. Il nostro ritardo sul fronte dei diritti non è certo colpa del governo in carica; prima di Renzi ritardava Letta, e Monti, e Berlusconi. Però l’esecutivo Renzi marcia con passo da bersaglier­e e tutti gli italiani dietro col fiatone. Ecco, se il bersaglio del bersaglier­e diventasse­ro i diritti civili, saremmo tutti più contenti di sudare.

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