Figlia del grande filosofo, sposò lo scrittore polacco Herling Addio a Lidia Croce, cultura e signorilità
discorsi ai laureandi tenuti da Kurt Vonnegut (1922-2007). Caustico, schietto, spassoso, imprevedibile sempre, l’autore americano più anticonvenzionale diceva di avere anche per la scrittura una regola sola: «Bisogna essere buoni, cazzo». Nel testo, spazia per idee nettissime, lavorando ancora una volta a ciò in cui credeva profondamente: servire la comunità (trad. di Martina Testa, minimum fax, pp. 108, 13)
Coh Lydia, my encyclopedia... »
Il risultato di questo gioco di specchi è un viaggio all’interno della letteratura come vita, e dunque come sistema di relazioni. Il che, ed è tra le cose di Non scrivere di me che più incanteranno il lettore, genera un ulteriore livello di riflessi: Manera incontra Gallant che le parla di quando stroncò de Beauvoir e incontrò Sartre; Manera incontra Ford che le racconta del suo amico Carver; on Lidia si è spenta l’ultima delle quattro figlie di Benedetto Croce (il suo secondogenito Giulio perì subito): tutte così accomunate da un’educazione alla cultura come ragione e prassi di vita e da una vita domestica di signorile semplicità, e tuttavia così diverse fra loro. È naturale pensarle tutte insieme, quali esse si sentivano, dividendo affetti ed esperienze: Elena, con la sua straordinaria eleganza, fantasia e severità creativa; Alda, che celava con il suo pragmatismo e buon senso le sue grandi doti; Lidia, cosi fine e discreta, eppure di così immediata cordialità; Silvia così estrosa e talora sorprendente.
Anche Lidia era donna di grande Manera visita Purdy e vi trova John Uecker, già compagno di Tennessee Williams; Manera incontra Thurman e da lì ci reca a sfiorare Colette, Karen Blixen e Salinger; Mitchell evoca Edmund Wilson e addirittura il nostro Niccolò Tucci, autore oggi dimenticato che arrivò a pubblicare proprio sul «New Yorker»...
Nicole Krauss scrive, in una frase citata dall’autrice, che la letteratura ha il potere di aprire canali di comunicazione altrimenti preclusi, ma è indubbio che anche Livia Manera ha questo potere: si intuiscono, tra le righe, una grazia e una capacità di essere amica discreta, sponda e specchio per le scrittrici e gli scrittori che incontra, che finiscono per portare molto oltre la cronaca letteraria. Se, come dice Wallace — forse l’unico, nella sua già parossistica chiusura al mondo, a sfuggire a questa grazia, alla possibilità stessa di un legame, nonostante l’incontro narrato nel libro sia particolarmente toccante — «una delle ragioni per cui gli scrittori di narrativa diventano tali è che nulla di veramente cultura. Era bello e a volte impressionante sentirla talora recitare a memoria, come le sorelle, ampi squarci di classici italiani e ragionare di non comuni letture della tradizione antica e moderna. Lidia condivideva con le sorelle il culto del padre, ai cui manoscritti aveva dedicato molto lavoro, di alcuni curando anche l’edizione (come, con Alda, gli straordinari Taccuini di lavoro). E segno tangibile
Col padre
Lidia Croce (nella foto qui a sinistra con il padre Benedetto) si è spenta a Napoli, dove era nata il 6 gennaio 1922. La camera ardente e la cerimonia funebre laica si tengono oggi presso la Sala Campanella del Comune di Napoli, in piazza del Gesù di un tale culto fu l’istituzione, insieme alle sorelle, della Fondazione Biblioteca di Benedetto Croce, che rimane un prezioso e ben curato patrimonio della cultura europea.
Lidia aveva sposato in prime nozze Vittorio de Caprariis, uno studioso di storia e dottrine politiche di non comune levatura, che fu anche una colonna del «Mondo» di Mario Pannunzio e di «Nord e Sud» con Francesco Compagna. Divorziata, aveva sposato il polacco Gustav Herling, conosciuto nel 1944, e aveva anche tradotto il suo libro Un mondo a parte, uno dei più notevoli sui lager sovietici. Herling si affermò poi come grande scrittore polacco, e Lidia ebbe gran parte nel secondarne il lavoro e nel curarne il ricordo, nel quale rimane a lui strettamente associata.