Walker, l’ultima vittoria Il divo che rivive sul set lancia «Fast and Furious 7»: record d’incassi Auto e velocità conquistano l’America e il suo pubblico multietnico
Insieme Paul Walker, morto a 40 anni nel 2013 e, a destra, Vin Diesel in una scena di «Fast and Furious 7», ultimo capitolo della serie nata nel 2001 su auto e corse clandestine scene che Paul, il fratello più grande, più famoso, più bello, non ha fatto in tempo a terminare. I due hanno prestato il proprio corpo e sovrapposto non solo i loro volti a quello del fratello ma anche le loro voci, facendo in modo che i tre, ancora una volta, fossero una cosa sola. A spingerli, il padre, Paul Walker senior, che ha spiegato di averli «dovuti convincere. Erano scettici». Ma le prospettive erano due: o lasciare incompiuto l’ultimo film del suo primogenito, senza possibilità che la gente lo vedesse un’ultima volta o «cercare di riempire in qualche modo il suo vuoto, per rendergli omaggio».
L’omaggio, sicuramente, c’è stato. In questi numeri da record c’è senza dubbio anche il saluto di chi ha amato l’attore, bello al punto da far appassionare alla serie anche un massiccio pubblico femminile, di
L’attore Vin Diesel solito non così interessato alle storie di gare clandestine tra auto. Ma sarebbe sbagliato ridurre questo caso cinematografico spiegandolo solo come un ultimo saluto a Walker.
Tra le ragioni del successo di Fast and Furious 7 c’è anche un cast fortemente multietnico, che tiene conto di come la società è cambiata e sta cambiando, specie negli Stati Uniti.
Un fatto che ha avuto un immediato riflesso sul pubblico del film: lì finora, secondo dati della Universal, il 75 per cento è composto da ispanici (37 per cento), afroamericani (24 per cento), asiatici (dieci per cento) e un quattro per cento di altre etnie. Il restante 25 per cento è di bianchi. «La diversità razziale del cast è una parte integrante della fortuna della serie» ha spiegato l’analista della società Rentrak’s Box Office Paul Dergarabedian. Propulsore dell’effetto adrenalinico del film sarebbe quindi lo studio, scientifico, alla base della formazione del cast — di cui fanno parte anche Michelle Rodriguez, Tyrese Gibson, Jason Statham e Dwayne Johnson — che ha scongiurato quella che, ultimamente, sta diventando la critica più antipatica e difficile da smentire al cinema hollywoodiano, secondo cui troppo pochi film hanno attori non bianchi nei ruoli principali.
Questo specchio etnicamente più autentico della realtà è stato apprezzato anche fuori dagli Usa. In 26 Paesi nel mondo, tra cui Messico e Taiwan, il film si è imposto al primo posto di tutti i tempi come incassi nel fine settimana. Milioni di persone corse a comprare un biglietto. Sicuramente non tutte così appassionate di motori.
Pablo, così lo chiamavo, in questo fine settimana è riuscito a trasformare il mondo in una sola grande famiglia