Dirigenti delle Entrate, primo round al contribuente
( f. pin.) La Commissione tributaria provinciale di Milano ha dichiarato la nullità di un avviso di accertamento sottoscritto da un funzionario dell’Agenzia entrate – guidata da Rossella Orlandi ( foto) – cui erano stati conferiti incarichi dirigenziali senza concorso pubblico, in base alla nota sentenza della Corte costituzionale (numero 3222/25/15, pres. Verniero, relatore Ingino) che dichiara illegittimo il conferimento degli incarichi dirigenziali senza concorso pubblico. Un precedente esplosivo, quello di Milano, che può avere ripercussioni pesanti in tutta Italia. Un imprenditore individuale ha impugnato tramite un tributarista di Milano, Maurizio Reggi, un avviso di accertamento ai fini Irpef, Irap e Iva, adducendo molteplici vizi fra cui: l’inesistenza della notifica, la nullità dell’atto per violazione delle norme relative agli avvisi di accertamento «impoesattivi», l’omessa indicazione del responsabile del procedimento, l’irregolarità della sottoscrizione apposta da soggetto non abilitato, l’illegittimità della verifica subita, l’omissione del contraddittorio, nonché l’infondatezza dei rilievi operati dai verificatori e vari vizi di merito. La Commissione tributaria ha ritenuto sufficiente, ai fini della decisione, l’illegittimità dell’atto in relazione alla sottoscrizione dello stesso. L’art. 42 del D.P.R. 600/73 prescrive infatti che gli avvisi di accertamento devono essere sottoscritti, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della «carriera direttiva» da lui delegato. Nel caso specifico l’avviso non era stato firmato dal capo dell’Ufficio (il direttore provinciale) bensì da un funzionario, asseritamente, da lui delegato. Il ricorrente aveva espressamente chiesto in giudizio che l’Ufficio desse prova sia dell’esistenza di tale delega sia della carriera direttiva del delegato. L’Ufficio aveva adempiuto alla prima richiesta, depositando la delega, ma non aveva dato dimostrazione della carriera direttiva. Il nome del firmatario, inoltre, compariva nell’ordinanza del Consiglio di Stato (numero 5619 del 26 novembre 2013) fra quelli cui erano stati conferiti incarichi dirigenziali senza concorso pubblico. La Corte costituzionale, con la sentenza del 17 marzo 2015, ha dichiarato l’incostituzionalità della disposizione che ha consentito tale conferimento di incarichi (art. 8, comma 24, D.L. 2 marzo 2012, n. 16 convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44) pur avendo ritenuto che l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di ricorrere all’istituto della delega a funzionari per l’adozione di atti a competenza dirigenziale. La delega vale anche per gli avvisi di accertamento ai fini delle imposte dirette, ma se il contribuente lo chiede nel ricorso, l’Agenzia delle Entrate deve produrla in giudizio e deve provare che il funzionario delegato sia della «carriera direttiva». L’impatto sugli atti firmati in passato ora c’è, per cui il pericolo della nullità degli avvisi non sembra un’ipotesi irrealizzabile, né un polverone. E, almeno in questo grado di giudizio, il costo del ricorso sostenuto dal contribuente non è stato inutile. Pare scongiurato anche il pericolo di liti temerarie: la Corte di cassazione (sentenza n. 14942 del 14 giugno 2013) ha ritenuto che incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore e la presenza della delega del titolare dell’ufficio